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Serie A 1978-1979



Andamento del campionato

    Il torneo partì il 1º ottobre 1978; già dopo una settimana il Milan si ritrovò solo in testa. Furono incostanti gli avvii delle sempre pericolose Inter e Juventus, fiacchi quelli del L.R. Vicenza, rivelazione dell'ultima stagione ma privo dell'infortunato Rossi, della Roma e del Napoli; in particolare gli azzurri, già estromessi da Coppa Italia e Coppa UEFA, sostituirono ben presto l'allenatore Di Marzio con l'esperto Vinício.
    A tener testa al Milan dei fantasisti pensò dunque una "provinciale", il Perugia di Castagner, solitario in vetta tra il 5 e il 19 novembre. Solo sul finire del girone d'andata la squadra rossonera riuscì a staccare la solida compagine umbra che, superata la recente tragedia di Curi e pur a fronte delle cessioni di Novellino e Amenta, quest'anno fece il salto di qualità grazie a una difesa ermetica (solo 16 reti subite, record del campionato) nonché alla vena realizzativa delle ali Speggiorin e Bagni.
    Nel girone di ritorno i grifoni furono gli unici capaci di permanere nell'imbattibilità assoluta, non riuscendo tuttavia a tenere il ritmo del Milan che l'11 febbraio 1979 espugnò Ascoli Piceno e si portò a +4. La corsa-scudetto fu poi destabilizzata dalle vicende successive alla partita Perugia-Atalanta: i bergamaschi chiesero la vittoria a tavolino per la gara dell'11 marzo, poiché i nerazzurri Bodini e Osti erano stati costretti a lasciare il campo nel primo tempo, colpiti alla nuca da una pietra scagliata dal settore ospiti dello stadio perugino; la CAF pose inizialmente il risultato in sub judice, prima che il giudice sportivo confermasse poi il successo degli umbri.
    Con i biancorossi confusi, privati per infortunio del loro leader Vannini e ormai concentrati a mantenere più che altro il record d'imbattibilità, il Milan poté completare il suo cammino verso il decimo titolo italiano della sua storia; neanche la caduta interna contro il Napoli, il 1º aprile, non ebbe conseguenze per i rossoneri, i quali sette giorni più tardi rimarcarono definitivamente le distanze con i grifoni uscendo imbattuti dallo scontro diretto di Perugia. Agli uomini di Liedholm bastò uno 0-0 contro il pericolante Bologna, il 6 maggio, per poter vincere matematicamente il tricolore e cucirsi sulle maglie quella stella rocambolescamente sfuggita loro sei anni prima. Gli umbri dovettero accontentarsi della piazza d'onore, nonostante tutto il loro miglior risultato in massima serie: concludendo peraltro l'intero campionato senza sconfitte, i grifoni divennero i primi nella storia del girone unico a siglare tale primato, raggiungendo l'apice del cosiddetto Perugia dei miracoli di fine anni 1970.
    La lotta per l'accesso alla Coppa UEFA sembrò presto decisa: Perugia, Juventus, Inter e Torino avevano accumulato un buon vantaggio sulle inseguitrici già in febbraio. Quando i bianconeri vinsero la Coppa Italia, accedendo pertanto alla Coppa delle Coppe, si liberò un posto per il Napoli, con relativi rimpianti per una Fiorentina apparsa in crescita nonché per la Lazio, rivitalizzata dai gol del giovane capocannoniere Giordano ma poco attiva nel finale. Chiuse distante dall'Europa la Roma che, anzi, in un turbolento epilogo non poté andare oltre la salvezza, ottenuta grazie alla vittoria sul campo dell'Inter e al pari interno strappato all'Atalanta nello scontro diretto della penultima giornata.
    Nel finale, quattro sconfitte consecutive acuirono la crisi del Lanerossi, autore infine di un clamoroso harakiri sul campo di Bergamo: entrambe le squadre retrocessero in Serie B per la peggior differenza reti rispetto al Bologna, salvo in extremis per il terzo anno di fila. Sul fondo, il Verona si ritrovò presto condannato al ritorno in cadetteria dopo quattro anni. Si salvarono invece le tre neopromosse, ovvero il debuttante Avellino, l'Ascoli e una Catanzaro che colse la sua prima salvezza in massima serie.