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Serie A 1985-1986



Andamento del campionato

    Dopo l'inizio del campionato parve evidente la supremazia di una concreta Juventus che, facendo presto ricredere i detrattori del rinnovato corso, nelle prime otto giornate subì tre reti ed eguagliò il proprio record delle vittorie iniziali consecutive (1930-1931) andando subito in testa. Con le milanesi altalenanti, a tentare un inseguimento fu il Napoli, che con una «storica» punizione di Maradona arrestò il 3 novembre 1985 la fuga dei bianconeri.
    In realtà la capolista riprese presto la sua marcia – non lasciandosi condizionare dall'impegno in Coppa Intercontinentale che la porterà sul tetto del mondo –, e con il primato di 26 punti sui 30 in palio nel girone d'andata staccò nettamente le avversarie in difficoltà: una deludente Inter aveva esonerato Castagner per l'ex bandiera Mario Corso, l'ambiente del Milan fu duramente scosso dall'essersi improvvisamente scoperto a serio rischio fallimento, con conseguenti contestazioni al patron Giussy Farina, mentre in evidente calo era il Verona campione uscente, il quale patì oltremodo la cessione del duo Fanna-Marangon tanto che per gran parte del girone d'andata rimase impantanato in una zona retrocessione ancora ampia, con il Lecce unica compagine già staccata sul fondo.
    Con l'inizio del girone di ritorno la Juventus cominciò a rallentare, mentre tra le inseguitrici si distingueva la Roma di Sven-Göran Eriksson. Sei vittorie consecutive lanciarono i giallorossi, trascinati da Pruzzo: il 18 febbraio 1986 il centravanti affondò l'Avellino con una cinquina e portò la sua squadra a –3 dalla traballante capoclassifica, la quale riuscì comunque, tra febbraio e marzo, a dilatare nuovamente il suo vantaggio a +5. Il 16 marzo, nello scontro diretto dell'Olimpico la Roma batté nettamente la Juventus, che il 6 aprile cadde anche a Firenze e vide la rivale incombere a una sola lunghezza di distacco: approfittando del pareggio bianconero del 13 aprile contro la Sampdoria, i giallorossi passarono a Pisa in rimonta e agganciarono la capolista, guardando con fiducia ai non proibitivi impegni delle ultime due giornate; l'epilogo del campionato sembrò indirizzarsi verso uno spareggio-scudetto coi rivali torinesi o non di meno, calendario alla mano, al sorpasso in dirittura d'arrivo da parte dell'undici romano, a questo punto ritenuto da più parti ampiamente favorito.
    Invece il 20 aprile accadde l'impronosticabile: una Juventus considerata ormai allo sbando, distratta da nervosismi interni allo spogliatoio nonché dalle voci che davano l'allenatore Giovanni Trapattoni in partenza dopo un decennio, superò il Milan con un gol di Laudrup, mentre una lanciata Roma, in un Olimpico gremito e fiducioso del buon esito (sottolineato in prepartita dalla "parata" sul campo dell'allora sindaco capitolino, Nicola Signorello) perse a sorpresa contro il già retrocesso Lecce (2-3). Nella giornata conclusiva, con una vittoria esterna proprio sui salentini (con analogo risultato), i bianconeri festeggiarono il loro ventiduesimo scudetto, mentre i giallorossi furono sconfitti anche da un Como rivitalizzato dall'allenatore Rino Marchesi, ma ormai privo di obiettivi da raggiungere. Ai romanisti rimase la magra consolazione di vedere Pruzzo laurearsi, per la terza volta in carriera, capocannoniere con 19 reti, 17 delle quali siglate nel girone di ritorno.
    La lotta per questa zona tornò quindi combattuta e interessante, ed ebbe per protagoniste le milanesi, la Fiorentina e il Torino; la peggior sorte toccò al Milan, che nel frattempo aveva risolto le sue vicissitudini economiche passando in febbraio sotto la nuova proprietà del magnate televisivo Silvio Berlusconi: in vantaggio a cinque giornate dal termine, i rossoneri infilarono una serie di risultati negativi totalizzando un solo punto in cinque gare, ruolino che costò loro una scottante eliminazione. Non riuscirono mai a inserirsi Sampdoria e Verona, che pure alla vigilia del torneo erano state accreditate di ambizioni ben maggiori.
    Per la prima volta, retrocessero tutte e tre le squadre provenienti in estate dalla Serie B. Oltre al Lecce, caddero infatti il Bari, alla prima e fugace esperienza in A da tre lustri a quella parte, e il Pisa: i toscani, rimontati nel finale di campionato dall'Udinese, trovarono inizialmente un inatteso viatico nel declassamento a tavolino dei friuliani a seguito di una nuova indagine sul Totonero, per poi andare incontro al loro destino quando, a pochi giorni dalla pubblicazione dei calendari della stagione 1986-1987, la sentenza nei confronti dei bianconeri fu revocata e la pena venne ridotta a una comunque pesante penalizzazione.