Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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     — Non temete, in Italia sarete trattato bene.
     — Glauben Sie? — interroga dubitoso il cadetto.
     È giovane. Non arriva ai vent'anni.
     Un bersagliere di scorta mi racconta come furono catturati. Di fronte alle posizioni del 33° battaglione dell'11° bersaglieri c'era una trincea dall'aspetto formidabile. La notte scorsa è stata ordinata l'avanzata. Una squadra di bersaglieri si è spinta inosservata fin sotto i reticolati e ha fatto brillare un tubo di gelatina, seguito da un assalto irrompente alla baionetta. Gli austriaci non se l'aspettavano, non sono riusciti a sparare che qualche fucilata. Hanno levato le braccia. Si sono arresi.
     — Bono taliano, rispettare prigioniero! —
     Riprendiamo la nostra marcia. Dobbiamo raggiungere la quota 1270. Siamo sulla mulattiera che va al Monte Nero. Incontriamo dei feriti. Alcuni leggeri che fumano e sorridono. Altri più gravi. Uno di essi ha il volto coperto da un giornale. Sotto si vede la faccia tumefatta e insanguinata. Due feriti austriaci. Uno leggero. Un altro più grave: deve aver le braccia spezzate. Sono diretti all'infermeria — sezione della Sanità — di Magozo.
     Colonne lunghissime di salmerie. Senza i muli non sarebbe possibile la guerra in montagna. I più stanchi di noi caricano gli zaini sui muli.
     Verso sera giungiamo nella zona battuta dall'artiglieria austriaca. Fischiano nell'aria — col loro sibilo caratteristico — le granate. Sono formidabili. Qualche bersagliere è un po' emozionato. Io che marcio in fondo alla colonna, incoraggio coloro che mi stanno vicini.