Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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     — Madonna mia bella! Madonna mia bella!
     — Basta, basta, Jannazzone! — gli ho detto.
     — Non credete in Dio, voi? —
     Non ho risposto.
     Io, invece, ingannavo il tempo, le dodici ore interminabili della notte, rimemorando le poesie imparate nel bel tempo felice e lontano della mia giovinezza. Effetto delle circostanze climateriche, la poesia che mi è tornata alla memoria, è La caduta del Parini. Strofa a strofa sono giunto sino ai versi:

     Ed il cappello e il vano
     Baston dispersi nella via, raccoglie.


     Poi non mi sono ricordato più.
     Cambiamo posizione. Andiamo in fondo valle alle sorgenti dello Slatenik, un torrente che sbocca nell'Isonzo, nella conca di Plezzo. Nei ripari che gli austriaci hanno abbandonato, troviamo un po' più di comfort. In questa zona sono ancora visibili i segni della travolgente avanzata degli italiani.
     Sul terreno tormentato e sconvolto sono disseminati, in disordine, bossoli di proiettili d'ogni calibro, giberne, scarpe, zaini, pacchi di cartuccie, fucili, cassette di legno sventrate, tronchi d'alberi abbattuti, reticolati di ferro travolti, scatolette di carne vuote con diciture tedesche e ungheresi, fazzoletti, teli da tenda. Qua e là sono degli austriaci morti e malamente sepolti. Tra gli altri un ufficiale.
     Qui furono distrutti due reggimenti di bosniaci ed erzegovinesi.
     La posta: pacchi e lettere, ma per me e per tutti i richiamati dell'84, niente ancora. Soffia un vento impetuoso e freddo. Distendiamo sui cespugli, al sole, le nostre mantelline e coperte, inzuppate di acqua.