Audacia
(15 novembre 1914)
È questo
l'articolo di fondo del primo numero del «Popolo d'Italia»
uscito il 15 novembre 1914.
All'indomani della famosa
riunione ecumenica di Bologna
nella quale — per dirla con una
frase alquanto solenne — fui «bruciato»
ma non
«confutato»
io posi a me stesso il quesito che oggi ho
risolto creando questo giornale di idee e di battaglia. Io mi sono
domandato: «Debbo parlare o tacere? Conviene che mi ritiri
sotto la tenda come un soldato stanco o deluso
o non è invece
necessario che io riprenda — con un'altra arma — il mio
posto di combattimento?» Vivere o morire
sia pure
inghirlandato di molti elogi... postumi
alcuni dei quali avevano la
deliziosa insincerità delle epigrafi pei defunti? Sicuro come
sono che il tempo mi darà ragione e frantumerà il dogma
stolto della neutralità assoluta
come ha spezzato molti altri
non meno venerabili dogmi di tutte le chiese e di tutti i partiti
superbo di questa certezza ch'è in me
io potevo aspettare con
coscienza tranquilla. Certo
il tempo è galantuomo
ma qualche
volta è necessario andargli incontro.
In un epoca di liquidazione
generale come la presente
non solo i morti vanno in fretta come
pretendeva il poeta
ma i vivi vanno ancor più in fretta dei
morti. Attendere può significare giungere in ritardo e
trovarsi dinanzi all'inevitabile fatto compiuto
che lamentazioni
inutili non valgono a cancellare. Se si fosse trattato o si trattasse
di una questione di secondaria importanza
non avrei sentito il
bisogno
meglio
il «dovere» di creare un giornale: ma
ora
checché si dica dai neutralisti
una questione
formidabile sta per essere risolta: i destini dell'Europa sono in
relazione strettissima coi possibili risultati di questa guerra;
disinteressarsene significa staccarsi dalla storia e dalla vita. Ah
no! Noi non siamo
noi non vogliamo essere mummie perennemente
immobili con la faccia rivolta allo stesso orizzonte
o rinchiuderci
tra le siepi anguste della beghinità sovversiva
dove si
biascicano meccanicamente le formule corrispondenti alle preci delle
religioni professate; ma siamo uomini
e uomini vivi che vogliamo
dare il nostro contributo
sia pure modesto
alla creazione della
storia.
(segue...)
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