(segue) Audacia
(15 novembre 1914)
[Inizio scritto]
Incoerenza? Apostasia?
Diserzione? Mai più. Resta a vedersi da quale parte stiano gli
incoerenti
gli apostati
i disertori. Lo dirà la storia
domani
ma la previsione rientra nell'ambito delle nostre possibilità
divinatorie.
Se domani ci sarà un po'
più di libertà in Europa
un ambiente quindi
politicamente più adatto alla formazione delle capacità
di classe del proletariato
disertori ed apostati non saranno stati
tutti coloro che al momento in cui si trattava di agire
si sono
neghittosamente tratti in disparte?
Se domani
invece
la reazione
prussiana trionferà sull'Europa — dopo la distruzione
del Belgio — col progettato annientamento della Francia —
abbasserà il livello della civiltà umana
disertori ed
apostati saranno stati tutti coloro che nulla hanno tentato per
impedire la catastrofe.
Da questo ferreo dilemma non si
esce
ricorrendo alle sottili elucubrazioni degli avvocati d'ufficio
della neutralità assoluta
o ripetendo un grido di «abbasso»
che prima della guerra poteva avere un contenuto e un significato
ma
oggi non lo ha più.
Oggi — io lo grido forte —
la propaganda antiguerresca è la propaganda della
vigliaccheria. Ha fortuna perché vellica ed esaspera l'istinto
della conservazione individuale. Ma per ciò stesso è
una propaganda antirivoluzionaria. La facciano i preti temporalisti e
i gesuiti che hanno un interesse materiale e spirituale alla
conservazione dell'impero austriaco; la facciano i borghesi
contrabbandieri o meno
che — specie in Italia —
dimostrano la loro pietosa insufficienza politica e morale; la
facciano i monarchici che
specie se insigniti del laticlavio
non
sanno rassegnarsi a stracciare il trattato della Triplice che
garantiva
oltre alla pace (nel modo che abbiamo visto)
l'esistenza
dei troni; codesta coalizione di pacifisti sa bene quello che vuole e
noi ci spieghiamo ormai facilmente i motivi che inspirano il suo
atteggiamento. Ma noi
socialisti
abbiamo rappresentato —
salvo nelle epoche basse del riformismo mercatore e giolittiano —
una delle forze «vive» della nuova Italia: vogliamo ora
legare il nostro destino a queste forze «morte» in nome
di una «pace» che non ci salva oggi dai disastri della
guerra e non ci salverà domani da pericoli indubbiamente
maggiori e in ogni caso non ci salverà dalla vergogna e dallo
scherno universale dei popoli che hanno vissuto questa grande
tragedia della storia? Vogliamo trascinare la nostra miserabile
esistenza alla giornata — beati nello statu quo monarchico e
borghese
— o vogliamo invece spezzare questa compagine sorda e
torbida di intrighi e di viltà? Non potrebbe essere questa la
nostra ora? Invece di prepararci a «subire» gli
avvenimenti
preordinando un alibi scandaloso
non è meglio
tentare di dominarli? Il compito di Socialisti rivoluzionari non
potrebbe essere quello di svegliare le coscienze addormentate delle
moltitudini e di gettare palate di calce viva nella faccia ai morti —
e son tanti in Italia! — che si ostinano nell'illusione di
vivere? Gridare: «Noi vogliamo la guerra!» non potrebbe
essere — allo stato dei fatti — molto più
rivoluzionario che gridare «abbasso?»
(segue...)
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