Italia
Serbia e Dalmazia
(25 novembre 1916)
I
Fra tutti i problemi che
concernono l'assetto territoriale dell'Italia di domani
quello
dalmatico-jugoslavo è indubbiamente il più grave e il
più angoscioso e quello che più turba e divide
l'opinione pubblica italiana. Questa la ragione per cui noi non
vogliamo indugiare più oltre ad affrontarlo; non vogliamo
tardare più oltre ad esporrà il nostro punto di vista
anche se la guerra che deve condurre a soluzione
insieme con questo
altri ben più formidabili problemi
è ancora assai
lungi dal suo auspicato e ormai certo epilogo vittorioso.
Ad ogni modo
quali possano essere
le vicende future della guerra
è sempre bene di precisare in
anticipo e in tempo utile la nostra «posizione» politica;
il che significa
in altri termini
scindere le nostre dalle
responsabilità altrui
e impedire
possibilmente
il compiersi
di errori le cui conseguenze funeste ricadrebbero sulle generazioni
future. Quantunque il nostro interventismo traesse i suoi motivi da
una concezione ideologica-morale
noi
come cittadini
non possiamo
rifiutarci di prendere in serio esame gli obiettivi territoriali
della guerra
quantunque essi siano stati puramente «incidentali
o coincidentali» nel determinare il nostro atteggiamento
teorico e pratico di interventisti.
Insomma
noi saremmo stati
patrocinatori della guerra
anche se l'Italia non avesse avuto
nemmeno un chilometro quadrato di terre proprie da rivendicare; ma
questo nostro magnifico disinteresse individuale non può
diventare norma di politica per uno stato. Noi non possiamo
pretendere che uno stato chiami alle armi milioni di suoi cittadini
faccia una guerra costosissima e sanguinosa
come l'attuale
solamente per la gloria
soltanto per l'ideale. Possiamo chiedere la
realizzazione di un certo equilibrio fra l'astratto e il concreto;
fra gli ideali che illuminano le coscienze e gli interessi che
salvaguardano e aumentano le ricchezze dei popoli. Infine
degli
eventuali errori della nostra politica di guerra
noi pure o i nostri
figli
dovranno subire le conseguenze; non possiamo dunque
non
dobbiamo restare indifferenti affidandoci alla buona ventura dello
stellone italico; non possiamo
non dobbiamo accettare tacite
attive
o negative
complicità. Diciamo ancora
a guisa di conclusione
di questo esordio
che non pretendiamo al monopolio della verità:
non pretendiamo
cioè
che il nostro punto di vista e la
soluzione che noi vagheggiamo del problema
jugo-serbo-italo-dalmatico
siano perfetti: andiamo anche più
in là e diciamo che qualora nuovi dati di fatto intervenissero
o nuove situazioni si delineassero
noi saremmo pronti a modificare
il nostro punto di vista e ad accettare un'altra soluzione: ma
nell'attesa e sino a prova contraria
noi crediamo che sia possibile
— tra il cozzo e l'infuriare e le esagerazioni degli opposti
imperialismi italiano e jugoslavo — trovare una soluzione
conciliatrice
che elimini i vecchi dissidi
invece di alimentarne di
nuovi; una soluzione che rappresenti un massimo di garanzie di pace e
un minimo di pericoli di guerra fra noi e i popoli slavi.
(segue...)
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