Guadagnare tempo
(23 ottobre 1917)
Se la situazione ministeriale non
è ancora precipitata dopo una lunga settimana di discussioni
in gran parte superflue e sorpassate dagli avvenimenti
e quindi di
valore più che altro retrospettivo; se insomma non è
ancora finito l'equivoco di un ministero condannato alla unanimità
e che ciò malgrado non si decide al passo estremo
ma
dilaziona ogni decisione dall'oggi al domani con l'ormai manifesto
proposito di «guadagnare tempo»
le ragioni vanno
ricercate in questo vario ordine di fatti.
Anzitutto nella mancanza di
dichiarazioni da parte del governo alla riapertura della camera. Se
il governo avesse sino dal principio chiamato i deputati a discutere
attorno alle sue comunicazioni
avesse in altri termini «impostato»
la discussione
fornito gli elementi della controversia
a quest'ora
avremmo già avuto — in un senso o nell'altro — una
decisione. Mancate le comunicazioni del governo
la camera
come
abbandonata a sé stessa
cerca invano da sette giorni un punto
di appoggio o di rifacimento per dare un senso
un indirizzo
una
significazione alla crisi che tutti vogliono
che tutti sentono
inevitabile
ma che nessuno ancora ha trovato modo di provocare. Il
discorso dell'on. Nitti
che doveva servire da «reagente
chimico»
non ha ottenuto questo scopo. Questo discorso
che
voleva essere di separazione
di delimitazione
di demarcazione fra
le diverse tendenze
è stato invece di «confusione».
Siamo ancora nell'amalgama
e si
potrebbe dire nel caos. Di esplicite non vi sono che le dichiarazioni
dei singoli gruppi
in grandissima maggioranza ostili al ministero.
Ma il ministero
quantunque gli manchi la fiducia della camera
attende da questa una indicazione che non verrà mai
ed egli
non oserà d'altra parte compiere il gesto della rinunzia. I
maligni assicurano che l'on. Boselli è letteralmente
«attaccato» al seggio di ministro
ed occorrerà
una violenza «più o meno dolce» per strapparlo dal
soglio... Perché la luce penetrasse nella penombra di
Montecitorio
bisognerebbe dividere la camera in due gruppi
fondamentali: quelli che hanno voluto la guerra
e quelli che non
l'hanno voluta. Da una parte gli interventisti
dall'altra i
neutralisti. Davanti al «fatto guerra»
che è il
preminente
questa divisione corrisponde ad una realtà
malgrado le antitesi artificiose o le deficienze apparenti dei
programmi dei singoli partiti.
(segue...)
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