Unità di animi
(28 ottobre 1917)
Questo
articolo
pubblicato nel momento drammatico di Caporetto
il 28
ottobre 1917
è un'assoluta affermazione di forza e di fede.
Ed è singolare il fatto che porli la data del 28 ottobre
resa
poi gloriosa
nel 1922
dalla Marcia su Roma.
«Non è più ora
di contrasti» — fu detto nel giorno in cui la patria
chiamò alle armi i suoi figli
non per fini di conquista o di
dominio
ma per necessità suprema di difesa nazionale e
mondiale. E noi
che eravamo stati fino allora gli irrequieti
gli
irregolari
— un po' dentro e un po' fuori della legge —
ci allineammo nei ranghi e chiedemmo di diventare numeri di matricola
nella vasta anonimia della nazione combattente
troncammo le
polemiche della vigilia
decidemmo di ignorare tutti i nemici
che
non fossero quelli contro i quali si dirigeva il nostro sforzo di
guerra.
Eppure non tutte le prevenzioni di
altri tempi erano scomparse contro di noi: non tutte le diffidenze
non tutti i dubbi. Qualche volta ci accadeva di avvertire che il
nostro slancio non era compreso
che il nostro entusiasmo
infastidiva
che la nostra posizione veniva diffidata se non
diffamata. Sopportammo in silenzio il dolore e la umiliazione. La
nostra gioia di avere ritrovato l'Italia — la madre che non
avevamo mai rinnegata ma soltanto un po' dimenticata
per inseguire
con la ingenuità fantasiosa della giovinezza
i rosei fantasmi
del cosmopolitismo proletario — era così acuta e
profonda che le miserie degli uomini e delle cose non bastavano a
turbarla.
Più tardi
quando sulle
giogaie delle Alpi o tra il pietrame dannato del Carso
i sovversivi
internazionalisti dell'anteguerra caddero a diecine e a centinaia
gridando: «Viva l'Italia!»
molte coscienze ostili
disarmarono
molta gente — commossa e convertita — piegò
il capo e ammirò. La nostra piena lealtà
la nostra
incondizionata dedizione alla causa nazionale
noi l'abbiamo
consacrata col nostro sangue.
(segue...)
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