(segue) Unità di animi
(28 ottobre 1917)
[Inizio scritto]

      Questi in rapida sintesi i moventi e gli scopi del nostro atteggiamento. Ci è sembrato necessario questo esame di coscienza retrospettiva oggi che dalle varie parti si invoca un nuovo patto di concordia nazionale. Noi che a questo patto siamo rimasti fedeli siamo i primi a rispondere: «Presente!». Con volontà piena senza restrizioni mentali dopo le esperienze del passato chiediamo che gli altri facciano altrettanto. Nell'ora del pericolo il patto non deve avere secondi fini. Sarebbe indegno. Patto diciamo non mercato. Patto diciamo non transazione. Patto vogliamo ma per la resistenza e per la vittoria. Fuori di qui c'è l'insidia.
      Ebbene noi siamo pronti ancora una volta a dimenticare le polemiche di ieri le controversie politiche e personali nelle quali oltre alle nostre idee e alla nostra fede portiamo il nostro temperamento. Siamo pronti a stendere la mano aperta a quanti vogliono che l'Italia si presenti al nemico che ha violato i confini con un cuore solo e intrepido come un fascio solo di energie inflessibili. Che importano le parole? Che importano le nostre differenze dottrinali? Oggi la posta del gioco è ben più grave. Oggi è in gioco l'Italia quella di ieri e quella di domani.
      Perché la minaccia sia sventata perché i nemici ripassino i nostri monti è necessario che il paese sia tutto dietro l'esercito dietro quei fanti magnificai (primavera superba di giovinezza!) che non hanno dimenticato e non dimenticheranno mai di essere i soldati che in undici precedenti battaglie sconfissero il nemico. Concordia adunque e concordia sia! Concordia di animi e di azioni. Quando la casa brucia nessuno si cura di indagare come e qualmente sia scoppiato l'incendio. Quando la patria chiama i suoi figli ad una lotta di vita o di morte sciagurato chi si attarda in atteggiamenti inadeguati alla realtà.
      Quella che si combatte lungo le valli del Judrio e del Natisone è forse l'ultima grande battaglia della guerra. E' dubbio se gli imperi centrali potranno più compiere in seguito nel 1918 un altro sforzo così imponente. Siamo forse alla decisione. Per questo la nazione oggi deve essere l'esercito come l'esercito è la nazione. Si può col concorso di varie circostanze vincere un esercito — e il nostro non sarà mai vinto — ma quando dietro l'esercito c'è la nazione il tentativo nemico è destinato a fallire. E fallirà.

(segue...)