(segue) Dopo le commemorazioni
(12 novembre 1924)
[Inizio scritto]
Monito ed esempio per tutti.
Non tragica, ma infinitamente
triste la morte immatura dell'onorevole Mario Gioda, al quale ero
legato da una decennale amicizia, fortificatasi attraverso il
dopoguerra. Era un idealista e un animo profondamente buono. Questa
sua naturale bontà rifulgeva in tutte le manifestazioni
politiche, giornalistiche e private della sua vita. Lo riconoscevano
gli stessi avversari. Elemento meditativo e temperato, pur essendo un
veterano del Fascismo, egli evitava tutto ciò che poteva
dividere gli animi e inacerbire le discordie fra cittadini. Per
questo, attorno alla sua bara, non si raccolse soltanto il partito,
ma tutta Torino.
Nella mia qualità di
soldato, di italiano, di Presidente del Consiglio, ricordo la figura
del generale Luigi Pelloux. Egli, dopo avere compiuto brillantemente
il suo dovere durante le guerre dell'indipendenza, si trovò a
lottare sul terreno politico in quel periodo della storia italiana
particolarmente fortunoso che va dal 1890 al 1900. Anche in questi
tempi il generale Pelloux compì il suo preciso dovere: egli
merita il reverente saluto che l'assemblea ha tributato alla sua
memoria.
Il Governo si associa alle
manifestazioni di cordoglio che la Camera vorrà decidere per
la morte di altri uomini appartenenti o non a questa assemblea, ma
eminenti nel campo delle scienze, come Maffeo Pantaleoni e Bassini,
delle armi come Ricciotti Garibaldi, della politica come Cermenati.
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