(segue) La politica interna alla Camera
(22 novembre 1924)
[Inizio scritto]
Vogliamo immediatamente deplorare
ancora una volta gli incidenti del 4 novembre. Per riuscire nella
vita, occorre avere il senso del limite e il senso delle proporzioni.
Bisogna evitare la falsa modestia, ma bisogna anche evitare la
ostentazione insolente. Non bisogna autoelogiarsi troppo spesso: è
di pessimo gusto. Caso mai, le lodi debbono venire dagli altri: tanto
più apprezzate, se vengono dagli avversari.
Bisogna dire che noi abbiamo fatto
qualche cosa, ma che non abbiamo capovolto l'Universo.
E soprattutto bisogna stabilire
esattamente le proporzioni storiche fra l'evento del 28 ottobre e
l'evento del 4 novembre.
C'è qualcuno in quest'aula
che può testimoniare come qualmente io, sin dal primo
anniversario della celebrazione della Marcia su Roma, mi convinsi che
si era ecceduto col prolungare feste e cerimonie che avevano condotto
quasi alla soglia del 4 novembre, in modo che il nostro evento aveva
finito involontariamente per schiacciare l'altro che è molto
più grandioso e solenne.
E sin da allora io che non amo le
cerimonie e le subisco spesso come una penosa corvée, fin da
allora dissi: bisogna lasciare vivere queste celebrazioni, bisogna
lasciare al 4 novembre tutto il suo prestigio, tutta la sua gloria
che è gloria di tutto il popolo italiano.
Con ciò vengo anche alla
questione dei combattenti. Bisogna intenderci una volta per tutte: i
combattenti, in quanto tali, non possono fare della politica. Si
spoglino del grigio verde, ritornino cittadini e come cittadini
possono e debbono fare della politica; ma allora dovranno scegliere
un partito, poiché il fatto guerra non è il fatto di un
partito, è il fatto della Nazione. E niente è alla fine
più penoso di questa polemica, alla quale qualche volta siamo
costretti, che insiste nel mettere medaglie d'oro contro medaglie
d'oro, mutilati contro mutilati, combattenti contro combattenti.
(segue...)
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