(segue) La politica interna al Senato
(5 dicembre 1924)
[Inizio scritto]

      «Ho fatto sapere al signor De La Tour d'Auvergne che il mio primo desiderio, prendendo la direzione degli affari interni, fu quello di scrivere all'intendente generale di Genova di condurre contro quel giornale (Italia e Popolo) una guerra a morte, senza preoccuparsi troppo della perfetta legalità dei mezzi da impiegare per raggiungere lo scopo. Disgraziatamente dopo l'attentato Orsini quel giornale è stato di un estremo riserbo, non solo nei riguardi dei fatti atroci, ma soprattutto nei suoi riferimenti politici. Tuttavia, ciò che è differito non è abbandonato. L'autorità vigila, e non appena esso darà il minimo pretesto alla legge sarà assalito senza pietà, e noi proclameremo ad alta voce il proposito di schiacciare l'infame giornale >.
      Poi ci fu la discussione: «Io dichiaro — diceva Cavour — altamente che professo il massimo rispetto per lo Statuto e che credo assai inopportuno modificare qualunque sia disposizione. Ma non credo che la legge sulla stampa ne faccia parte, perché tale legge ne è tutt'affatto distinta, e ciò che di essa fa parte dello Statuto è il solo principio di libertà».
      Ma si va più oltre. Vi è chi si serve anche della frase: «si violano i principi». Qui, o signori, parlando con tutta schiettezza, bisogna dire che le grandi frasi alle grandi masse hanno più e più volte condotto lo Stato alla rovina. Del resto il disegno di legge sulla stampa è stato presentato alla Camera, sarà discusso dalla Camera e dal Senato e il decreto-legge che ha avuto così scarsa applicazione sarà ritirato.
      È strano che uno zelatore della costituzione, un esaltatore del parlamentarismo, come si è sempre professato l'on. Albertini, abbia fatto una proposta nettamente anticostituzionale e antiparlamentare. Del resto il sen. Albertini non è alle sue prime armi. Nel 1915, e io ero con lui, con l'agitazione di piazza si scavalcò il Parlamento, e i 300 deputati che sarebbero andati con Giolitti furono dispersi e spazzati via dall'ira popolare; e il nuovo Ministero fu affidato all'on. Salandra. L'on. Albertini non aveva nulla in contrario nemmeno nell'agosto del 1922 ed applaudiva i soldati che non avevano fucilato i fascisti, i quali avevano defenestrato dal palazzo Marino l'amministrazione Filippetti.

(segue...)