(segue) Discorsi di Milano
(24, 26 maggio 1930)
[Inizio scritto]
Si sono stabiliti dei paralleli
che io non so se qualificare più grotteschi o ridicoli.
Come dei saltimbanchi acrobati, si
è saltato lo spazio, il tempo, gl'individui e perfino la
logica più elementare delle cose. Si è detto anche che
il mio viaggio, che ha scatenato in tutta Italia folle dalle ampiezze
oceaniche, sia stato fatto in vista della situazione economica della
Nazione. Ciò è perfettamente falso e coloro che lo
affermano mentiscono sapendo di mentire.
La situazione economica
dell'Italia — sia proclamato in questa città che è
il centro produttivo più importante di tutta l'economia della
Nazione — non è peggiore di quella degli altri paesi.
Comunque, il Governo la controlla giorno per giorno, prenderà
ed ha già preso delle misure che nemmeno gli smemorati di
professione possono aver dimenticato, perché sono le misure
più recenti, di ieri.
Qualcuno si stupisce del mio
stile. Veramente ci sono dei malinconici anche in Italia, pochi per
fortuna, ma ci sono: quelli che alla più innocente maretta
smarriscono gli attributi della loro virilità per poi andarli
a rintracciare spiaccicati sotto le suole altrui. Alcuni, dicevo,
preferirebbero di vedermi sotto le spoglie di un ministro del vecchio
stampo, di uno di quei Presidenti del Consiglio che parlavano
soltanto dopo i banchetti, per affaticare ancor più la già
affaticata digestione.
Costoro dimenticano che questo non
è più un Ministero, ma un Regime. Costoro dimenticano
che questo Regime non è nato dalla composizione o
decomposizione alchimistica dei gruppi parlamentari, ma è nato
attraverso lo sforzo sanguinoso delle Camicie Nere. È una
insurrezione, è una Rivoluzione che ha avuto un lungo periodo
di lotte, che i nostri stessi avversari calcolano in un sessennio.
Ebbene: io sono il Capo, il creatore, e debbo essere il difensore di
questa Rivoluzione, poiché questa Rivoluzione è
misconosciuta nella sua dottrina, vilipesa e oltraggiata nei suoi
capi, insidiata nei suoi sviluppi. Non faccio delle affermazioni
vaghe: noi siamo abbastanza bene informati di quello che si prepara
altrove, e sappiamo quale spirito domini taluni dei nostri vicini.
(segue...)
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