(segue) Discorsi di Milano
(24, 26 maggio 1930)
[Inizio scritto]

      Non è proprio ieri che si è diffusa la burlesca notizia che Milano era in stato di assedio? Invito i quattordici giornalisti stranieri, che ieri vennero a Palazzo Monforte a rendermi omaggio, a smentire questa fandonia e a trasmettere oltre frontiera la verità vera dei fatti, che è questa: che in Italia Popolo e Regime, Popolo e Fascismo sono una sola e indissolubile realtà, come è provato da questa moltitudine sterminata.
      Non è di ieri un'altra ancor più assurda notizia, diramata proprio alla vigilia dell'anniversario della nostra dichiarazione di guerra; e cioè che l'Italia aveva sbarcato delle sue truppe in Albania per sostenere il Regno del Re nostro amico e alleato?
      Altra menzogna.
      Ebbene: davanti a queste prove di evidente, perfetta malafede, noi non possiamo illuderci, e soprattutto non dobbiamo illudere il Popolo.
      Quindici anni or sono, in questo giorno, S. M. il Re, raccogliendo l'imperativo morale della Nazione, snudava la spada e lanciava il popolo nel più grande cimento della sua storia. Quel giorno segnava il destino: segnava il destino per 652.000 caduti per 400.000 mutilati, per un milione di feriti; morti, mutilati e feriti di autentica razza italiana.
      Quaranta mesi di cimenti durissimi, poi finalmente la Vittoria. Non solo per noi, la Vittoria, ma per tutti gli alleati, anche se qualcuno lo mette in dubbio. Troviamo delle testimonianze preziose fra coloro stessi che abbiamo combattuti. È un generale austriaco che all'indomani della Vittoria italiana, del giugno sul Piave, diceva: «L'Intesa ha vinto definitivamente la guerra». È un arciduca magiaro che ha riconosciuto con alte parole commosse l'eroismo veramente leggendario dei Fanti italiani.
      Ma, noi non commemoriamo questa data per rinfocolare degli odi, perché coi nostri nemici di ieri ci siamo pienamente e lealmente riconciliati; anzi con qualcuno di essi abbiamo stretto dei vincoli di sincera amicizia. Ma ricordiamo soprattutto questa data perché dal maggio del 1915 ha inizio la Rivoluzione italiana, nella quale il Popolo cessa di essere spettatore per diventare finalmente il protagonista unico sulla scena della storia.

(segue...)