(segue) Per la festa del Patto Lateranense
(12 dicembre 1930)
[Inizio scritto]

      Devo tuttavia convenire col camerata Garibaldi che, in questo atteggiamento di Imbriani, si vede il polemista, l'uomo che, non amando quel governo, prendeva pretesto anche da quella legge, per votargli contro. Ma vediamo quale fu l'atteggiamento di Crispi. Credo che nessuno in questa Camera e nemmeno fuori di questa Camera, possa dubitare del patriottismo di Francesco Crispi. Né si può pensare che Francesco Crispi avesse delle simpatie clericali. Credo di non dire nulla di straordinario se aggiungo che Francesco Crispi appartenne alla massoneria.
      Udite, l'uomo in imbarazzo, Francesco Crispi!
      «Certo, o signori, il 20 Settembre è stato sempre festeggiato dal popolo, ed una prescrizione, un ordine a festeggiarlo, non sarebbero necessari. Parrebbe che noi volessimo imporre quello che è nella coscienza di tutti. Nulla di meno, una volta che la legge fu portata alla Camera, il rifiuto alla medesima sarebbe una offesa alla coscienza nazionale. Vogliate, on. Deputati, rientrare nelle vostre coscienze e comprendere quale triste impressione produrrebbe in Italia e all'estero la notizia che voi avete respinta la legge!»
      E Crispi aveva perfettamente ragione! Evidentemente avrebbe preferito che non se ne fosse fatto nulla; ma dal momento che la legge era avanti alla Camera, la legge doveva essere approvata, perché altrimenti si sarebbe potuto pensare che dopo 25 anni noi non fossimo ancora sicuri di rimanere in Roma e di avere soprattutto la volontà di rimanere a Roma.
      Si fece l'appello nominale, i votanti erano 278, i «sì», cioè per la festa, furono 249; i contrari 26. Si fece poi lo scrutinio segreto: i favorevoli diminuirono, aumentarono i contrari: 204 favorevoli, 62 contrari. Ma ben più importante fu la discussione al Senato, perché al Senato parlarono uomini come Gaetano Negri, Giosuè Carducci, Gaspare Finali, Lampertico, Gabba e Crispi.

(segue...)