(segue) Per la festa del Patto Lateranense
(12 dicembre 1930)
[Inizio scritto]
Si veda Crispi. Il Senato sa che
questo progetto è d'iniziativa parlamentare. Crispi ci teneva
ed insisteva su questo. «Quando l'11 luglio fui chiamato nella
Camera dei Deputati ad esprimere la mia opinione sul progetto
medesimo, la dissi chiara ed esplicita: dissi ai Deputati che, una
volta presentata la legge non si poteva né si doveva votare
contro.»
Ed in seguito: «In tale
stato di cose e ricordando che ai miei tempi qualunque siano le
condizioni del Vaticano e qualunque siano le ostilità
continuamente praticate contro l'unità italiana, qualunque sia
il linguaggio dei giornali cattolici, qualunque sia l'opposizione che
dal Papa venga alle nostre istituzioni, l'on. senatore Negri non
troverà un atto del mio Governo che abbia risposto a queste
provocazioni. Ma abbiamo dal tempo quel trionfo a cui miriamo, cioè
la pace tra la Chiesa e lo Stato. Questa pace (è sempre Crispi
che parla) tra la Chiesa e lo Stato non può venire se non
dalla libertà esercitata largamente e senza alcuna difficoltà,
senza alcuna imposizione. A questo mira il Governo italiano. Dopo ciò
nulla ho da aggiungere, sicuro che il Senato vorrà votare
senza obiezioni questa legge che oggi a tutti si impone. Ed è
proprio così — continua Francesco Crispi —. Se la
legge non fosse stata presentata, le cose sarebbero andate
altrimenti; ma una volta presentata nelle condizioni di lotta tra
Vaticano e Stato italiano, pel modo come ci trattano i giornali
cattolici di tutto il mondo, sapete quale significato avrebbe un voto
contrario? Che noi retrocediamo o per lo meno che abbiamo paura di
mantenere lo stato attuale delle cose. Ebbene, il Senato, corpo
eminentemente conservatore, non potrà essere di questo avviso,
e sono sicuro che voterà a favore della legge che gli fu
presentata.»
E fu votata a notevole
maggioranza, con ottantasette voti favorevoli, ventotto contrari.
Così il 20 Settembre entrò nel novero delle solennità
civili. E lo abbiamo festeggiato tutti. Si capisce. Dal 1895 in poi
ebbe un valore. Siccome dal Vaticano si protestava contro Colui che
detiene, si rinnovava la protesta continua contro il possesso di Roma
da parte dell'Italia, era giusto che si facesse la controprotesta,
che si dicesse: «voi ritenete che noi siamo qui prò
tempore, noi vi diciamo, invece, che ci siamo, perché
intendiamo restarvi».
(segue...)
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