Per l'acquedotto di Ravenna
(1 agosto 1931)
Il 1° agosto
il Duce ha inaugurato l'acquedotto di Ravenna, consacrato alla
memoria dei Caduti, pronunciando le seguenti parole:
Camicie Nere di Ravenna!
Sento che nel saluto, col quale mi
avete accolto, c'è qualche cosa di più del saluto
convenzionale; c'è qualche cosa di intimo e di profondo. Voi
sapete che io sono legato alla vostra terra dal vincolo
indistruttibile del sangue materno né posso entrare in questa
vostra millenaria imperiale città, senza che molti ricordi
della mia prima fanciullezza ritornino nel mio spirito che non
dimentica. Sono venuto per manifestare il mio compiacimento ai
gerarchi del Fascismo ravennate ed alle Camicie nere della vostra
terra. Da quindici secoli Ravenna attendeva l'acqua. Si sono
ricordati in questi giorni i nomi venerabili, ma lontani, degli
imperatori romani. Passarono i secoli, si susseguirono le
generazioni, cambiarono i governi, le signorie, le dominazioni, ma la
realtà era sempre lontana dal sogno. Solo il Fascismo poteva
fare questo, poiché il Fascismo è soprattutto al
presente il verbo volere. Così nel 1915 abbiamo voluto
l'intervento, spazzando dalla scena tutte le larve del tempo passato;
nel '17 abbiamo voluto la resistenza; nel '18 abbiamo voluto la
Vittoria; nel '22 abbiamo voluto la Rivoluzione fascista; nel '25
abbiamo voluto stroncare l'Aventino. Se qualche volta la freccia
scoccata dall'arco della nostra volontà non arriva al segno,
non importa. L'essenziale è di fortemente e pertinacemente
volere. È stato un atto di grande significazione morale che la
grande torre dell'acquedotto sia stata dedicata ai Caduti in guerra.
Io li ho visti al combattimento ed in trincea, i fanti della pianura
ravennate, dal Podgora a Monfalcone. Lo so, perché li ho
visti, come essi abbiano eroicamente combattuto ed abbiano saputo non
meno eroicamente morire.
(segue...)
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