(segue) Per l'acquedotto di Ravenna
(1 agosto 1931)
[Inizio scritto]
Ma, questo detto, io voglio
aggiungere che il Governo fascista, il Regime fascista, i fascisti
vogliono la pace. La vogliamo con tutti gli Stati, con quelli
lontani, con quelli vicini, con quelli vicinissimi. La vogliamo non
già perché temiamo i rischi della guerra e le ansie del
combattimento, ma perché siamo intenti ad una grande fatica e
vogliamo il più presto possibile togliere il popolo italiano
dalle strette e dai disagi del tempo presente, poiché noi
fascisti lavoriamo soprattutto per il popolo e al popolo non
predichiamo soltanto il diritto, ma anche il dovere. Solo il figlio
di un fabbro può parlare, se necessario, duramente, al popolo!
Nessuno potrà sospettare che in lui parlino i privilegi di un
titolo o gli egoismi della ricchezza. Noi mettiamo in quest'opera di
creazione tutta la nostra volontà diritta, decisa,
inflessibile come la lama di una spada! Ma con la stessa volontà
non meno decisa, diritta e inflessibile, noi siamo pronti all'opera
di rovesciamento e di distruzione di tutto ciò che può
ostacolare il cammino della Rivoluzione fascista, la quale deve
assicurare il benessere al popolo italiano e dargli sempre più
alto il senso della sua rinnovata grandezza. Camicie nere di Ravenna
e di Romagna! Io voglio che nelle opere di pace e in quelle di guerra
voi siate sempre all'avanguardia. Lo sarete voi?
(Risponde, in un urlo formidabile,
la folla: «Si!»)
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