(segue) Discorso del XIII gennaio per lo Stato corporativo
(12 gennaio 1934)
[Inizio scritto]
Tutto questo naturalmente aveva la
contropartita del carbone, delle cotonate, delle macchine, ecc. Si
può pensare che in questa prima fase del capitalismo (io
altrove la ho definita dinamica ed anche eroica) il fatto economico
fosse di natura prevalentemente individuale e privata. I teorici in
quel momento escludevano nella maniera più assoluta
l'intervento dello Stato nelle faccende dell'economia e chiedevano
allo Stato soltanto di essere assente e di dare alla Nazione la
sicurezza e l'ordine generale.
È anche in questo periodo
che il fenomeno capitalista industriale ha nei suoi dirigenti un
aspetto familiare che là dove si è conservato è
stato di utilità somma; ci sono le dinastie dei grandi
industriali che si trasmettono da padre in figlio non soltanto la
fabbrica, ma anche un senso di orgoglio, anche un punto di onore.
Ma già il Fried, nel suo
libro La fine del Capitalismo, pur limitando le sue osservazioni al
campo tedesco, è condotto a constatare che fra il '70 e il '90
queste grandi dinastie di industriali decadono, si frantumano, si
disperdono, diventano insufficienti. È in questo periodo che
appare la società anonima.
Non bisogna credere che la società
anonima sia una invenzione diabolica o un prodotto della malvagità
umana. (Si ride). Non bisogna introdurre troppo di frequente gli
iddii ed i diavoli nelle nostre vicende. La società anonima
nasce quando il capitalismo, per le sue proporzioni aumentate, non
può più contare sulla ricchezza familiare o di piccoli
gruppi, ma deve fare appello attraverso emissioni di azioni e di
obbligazioni al capitale anonimo, indifferenziato, colloidale.
È questo il momento in cui
invece del nome appare la sigla.
Soltanto coloro che sono
praticamente iniziati a questa specie di misteriosofia finanziaria
sanno leggere sotto il «velame de li versi strani.
(segue...)
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