Michele Bianchi
(3 febbraio 1935)
Il 3 febbraio
1930-VIII, si spegneva il Quadrumviro Michele Bianchi, volontario di
Guerra, giornalista di battaglia agli ordini del Duce al Popolo
d'Italia, poi — dopo la parte importantissima presa Ma Marcia
su Roma — uomo di Governo come Sotto-segretario e Ministro.
Cinque anni dopo venivano raccolti in volume i suoi scritti,
preceduti dalla ore-sente prefazione scritta dal Duce il 1°
dicembre 1930-IX, e pubblicata dal Popolo d'Italia nel numero del 3
febbraio 1935-XIII, quinto anniversario della morte del Quadrunviro.
Prima di tracciare queste poche
linee, che non hanno la pretesa di una prefazione, ma vogliono
soltanto essere un omaggio profondo alla memoria di Michele Bianchi,
ho riletto con la più grande attenzione i discorsi e gli
scritti suoi, in questo volume raccolti. Ma, prima di tutto,
l'emozione di rileggere le sue parole, di quasi riudire la sua voce,
mi riporta col pensiero a lui, e ai quindici anni di vita e di
battaglie insieme trascorsi in uno dei periodi più turbinosi e
drammatici che la storia dei popoli civili ricordi.
Ecco Michelino — come si
può, fra di noi, non chiamarlo ancora così? —
ecco Michelino, negli anni 1914-1915, a Milano, nel covo di via Paolo
da Cannobio, a Milano, nelle grandi adunate del maggio radiosa, a
Milano dopo la guerra dichiarata. Dei mesi, degli anni passarono,
pieni di eventi, aureolati di sangue, folgoranti di gloria. Ecco
Michelino nella tenuta del fante, infagottato piuttosto, ma sempre di
ottimo umore, sempre ardente di fede, sempre ansioso di nuove lotte.
Interventista, è intervenuto, malgrado la sua salute precaria.
Ricordo che sin da allora, nel 1919, io gl'imposi di prendere alcuni
mesi di riposo.
Dalla Vittoria in poi, dal marzo
del 1919 all'ultimo discorso pronunciato al Senato il 15 giugno del
1929 — in sede di discussione del bilancio dell'interno —
la vita di Michele Bianchi è indissolubilmente legata alla
storia della Rivoluzione fascista.
(segue...)
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