(segue) Michele Bianchi
(3 febbraio 1935)
[Inizio scritto]

      Egli è uno dei fondatori del Fascismo, nella ormai veramente leggendaria adunata di piazza San Sepolcro, il 23 marzo del 1919. Successivamente, egli partecipa a tutto lo sviluppo del movimento, dirigendolo, incanalandolo, spingendolo verso le mete supreme, con saggezza politica non disgiunta da audacia rivoluzionaria. Egli è alla testa del Partito nei momenti più culminanti degli anni 1921-1922; è lui che infligge la irreparabile sconfitta alle opposizioni durante lo sciopero legalitario dell'agosto 1922; è lui che prepara il congresso di Napoli. È forse opportuno ricordare — attraverso la relazione di Michele Bianchi al congresso di Napoli — che allora il P. N. F. contava già mezzo milione di tesserati. È evidente che se fosse rimasto un mucchietto di cenobiti, non avrebbe potuto far marciare delle legioni verso Roma.
      Finalmente Michele Bianchi è uno dei Quadrunviri, e quel che egli ha fatto durante il periodo che va dal 27 al 31 ottobre del 1922, è chiaramente esposto in uno scritto rievocativo raccolto in questo volume. A insurrezione trionfante, Michele Bianchi diventa uomo di Governo: da prima come Segretario generale al Ministero degli Interni, poi come Sottosegretario e Ministro. Pochi fascisti, al pari di lui, ebbero vivo e presente il senso dello Stato sovrano.
      Oggi — a distanza — appare meno arduo sintetizzare la completa figura politica, intellettuale, morale del nostro indimenticabile Camerata. Dalla terra natia egli aveva tratto, oltre il senso dello Stato, il culto di Roma e un patriottismo severo e costante. È di Michele Bianchi questa frase, che dovrebbe essere scolpita in tutte le scuole d'Italia: «Quando alla Patria si è dato tutto, non si è ancora dato abbastanza!»
      Nessuno poté mai mettere in dubbio la simpatia di Michele Bianchi per le classi lavoratrici, ma nessuno più di lui si tenne lontano dalle ingannevoli e ruinose suggestioni della demagogia. Precisamente nell'adunata costitutiva del Fascio Milanese di Combattimento, Michele Bianchi pronunziava un discorso, nel quale la parte che segue non ha perduto, anzi ha guadagnato, in fatto di attualità, da allora ad oggi:

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