(segue) Per il Centenario dei Bersaglieri
(22 giugno 1936)
[Inizio scritto]


      Camerati Bersaglieri!
      Il destino è particolarmente benevolo nei vostri riguardi, perché il primo secolo del vostro gloriosissimo Corpo cade in questo anno di Vittoria tutta nostra, soltanto nostra, indiscutibilmente nostra.
      Anno primo dell'Impero, alla fondazione del quale voi avete contribuito offrendo dalle prime battaglie del 1848 alle ultime del 1936 ben 100.000 eroici caduti per la grandezza d'Italia.
      Oggi, giorno di festa per voi, è anche giorno di festa per tutto il Popolo Italiano.
      Io, che ho vissuto con voi in tempo di pace e che ho combattuto con voi in tempo di guerra, so quello che avete dato col vostro coraggio e con la vostra resistenza alle fatiche.
      So anche quello che potete dare e, insieme con voi, quello che possono dare tutte le Forze Armate dello Stato e tutti gli Italiani se taluni «pazzi canicolari» non fossero ricondotti alla ragione o per lo meno «all'impotenza.
      Camerati Bersaglieri! Figli di La Marmora!
      All'inizio del secondo secolo un grido ed un giuramento prorompe dalle vostre bocche e freme nei vostri cuori: che il secondo secolo sia ancora più ricco di gloria del primo!
      Lo volete voi?

      La risposta della moltitudine è immediata e scoppia in un «Si!» che dà il segnale a una nuova manifestazione. L'entusiasmo tocca il suo più alto vertice, e più volte il Duce deve tornare al balcone per accogliere l'inesauribile, appassionato saluto dei Bersaglieri e del popolo, che acclama in lui il Fondatore dell'Impero.
      Le fanfare accompagnano la voce dell'immenso coro e, in questo fervido clima, si compie l'indimenticabile sagra.

(segue...)