(segue) Jagoda
(8 aprile 1937)
[Inizio scritto]

      Intanto l'uomo di Stalin, quel Jagoda che aveva il compito di «epurare» la Russia da ogni contaminazione trozkista, sta per essere «epurato» a sua volta e, prima ancora di essere collocato al muro, viene sporcificato come ladrone e dissipatore, il che deve «edificare» moltissimo i proletari che credevano ciecamente in lui quale difensore integerrimo e spietato della «patria socialista».
      Complotti, processi, condanne a morte dei vecchi bolscevichi; collasso economico, miseria universale e nera: questo è il bilancio ventennale di quel regime che trova ancora, sempre più rari, ma sempre più cretini, gli osservatori indulgenti nei paesi delle «grandi» democrazie.
      Il caso Jagoda, terzo della serie, è un indice certo dello stato di avanzata disgregazione interna della Russia.
      No. La luce non viene da quell'oriente. Di là giunge sempre più incalzante il crepitio dei plotoni di esecuzione. Ora è la volta di Jagoda, l'intimo amico di Lenin.
      Nell'oltretomba, centomila russi operai e contadini, fucilati in questi ultimi anni per suo ordine, lo attendono con febbrile, legittima impazienza.