(segue) Storia e luoghi comuni
(4 giugno 1937)
[Inizio scritto]

      «Sulla fronte dell'Isonzo era cominciata alla fine d'agosto la undicesima battaglia dell'Isonzo, su 70 chilometri di estensione, terminata col successo degli italiani. Gli eserciti austro-ungarici avevano, per vero tenuto testa; ma le loro perdite sul Carso erano state così gravi e il loro spirito n'era uscito talmente scosso che, nei competenti circoli austro-ungarici, si cominciava a credere che gli eserciti austro-ungarici non avrebbero potuto sostenere né un proseguimento della battaglia, né un dodicesimo attacco sull'Isonzo. L'armata austro-ungarica sul fronte italiano aveva bisogno di aiuto da parte delle truppe tedesche».
      Si tratta dell'agosto del 1917, quando gli alleati non avevano ancora mandato un solo uomo in Italia.
      Volete, infine, sapere illustri colleghi dell'Action Française dove, come e quando e da chi è stata vinta la guerra mondiale? Non ve lo diciamo noi che siamo parte interessata. Ve lo facciamo dire da quei generali germanici che, secondo voi, avrebbero sempre avuto una mediocre stima dell'Esercito italiano.
      Questi generali sono espliciti. La guerra mondiale è stata vinta sul Piave dagli Italiani, nel giugno del 1918, precisamente quando l'Italia stroncò lo sforzo supremo tentato dalle armate austro-ungariche.
      Diamo senz'altro la parola a Ludendorff e a Hindenburg:
      «Il Comando austriaco — scrive Ludendorff — si diceva sicuro della vittoria; il generale Arz indicava come meta la valle del Po. I miei presagi divennero più neri quando appresi che l'offensiva austro-ungarica era stata differita al 15 giugno. In quel giorno e nei seguenti tutta l'attenzione di Hindenburg e la mia erano concentrate sulla fronte italiana. Intuivamo che colà avveniva qualche cosa di decisivo, forse la decisione per l'ulteriore corso della guerra. Quando ci giunse, fin dal secondo giorno della battaglia, la notizia che l'offensiva era fallita e che le truppe austro-ungariche del gruppo di eserciti del Maresciallo Conrad, sulle quali facevamo il massimo assegnamento, erano state così duramente provate ed avevano subito perdite così gravi che erano incapaci di un nuovo sforzo, sentimmo che la partita era perduta. La decisione che fino allora era da attendersi sulla fronte di Francia, improvvisamente si spostava, assumendo proporzioni assai vaste per le sue ripercussioni, sulla fronte italiana che, fino a quel momento, non poteva essere considerata che un teatro secondario di operazioni. Più gravi notizie sulle proporzioni della sconfitta austriaca ci giunsero nei giorni successivi. L'Austria aveva riportato una sconfitta che poteva essere decisiva. Non si poteva più fare assegnamento su trasporti di contingenti austro-ungarici sulla fronte tedesca. Era dubbio che l'Austria stessa potesse resistere a un forte attacco italiano. E se l'Austria, come avevamo ragione di temere, cadeva, la guerra era perduta. Per la prima volta avemmo la sensazione della nostra sconfitta. Ci sentimmo soli. Vedemmo allontanarsi fra le brume del Piave quella vittoria che eravamo già certi di cogliere sul fronte di Francia. Colla morte nel cuore vidi che le nostre speranze cadevano come foglie morte».

(segue...)