Prefazione agli scritti e discorsi di Alfredo Rocco
(11 giugno 1938)
Il Popolo d'Italia
dell'11 giugno pubblica la prefazione del Duce ai tre volumi degli
scritti e discorsi di Alfredo Rocco.
Sono raccolti in questi tre volumi
— raccolti con scrupolosa diligenza e alto intelletto d'amore —
gli scritti e i discorsi politici più importanti di Alfredo
Rocco. È un ciclo storico di venticinque anni, nel quale
l'opera di professore, di giornalista, di giurista, di combattente,
di uomo di governo di Alfredo Rocco, trova il suo riferimento, la sua
documentazione e la sua testimonianza. Venticinque anni ricchi di
eventi per il mondo e in particolare per l'Italia; periodo che per
l'Italia si riassume in tre parole: guerra, rivoluzione, impero.
Alfredo Rocco non visse abbastanza per assistere alla proclamazione
dell'Impero, ma visse tutto il periodo della preparazione del 1935,
sino al Consiglio dei Ministri di Bolzano, sino alla partenza delle
prime divisioni regolari e legionarie. Nei mesi lunghi e lenti della
malattia, Alfredo Rocco sentì e previde che la nuova guerra
africana avrebbe avuto un ritmo ben diverso di quella del 1896 e che
sarebbe stata — nel nuovo clima del Fascismo — coronata
dalla vittoria.
Alfredo Rocco esordisce nel
nazionalismo: nell'unico movimento che fra il 1905 e il 1914, avesse
sulla bandiera quei principi che il Fascismo doveva alcuni anni dopo
realizzare nella loro pienezza. Già negli albori, Alfredo
Rocco porta nel movimento nazionalista la nota che si potrebbe
chiamare «sociale» e che nel 1926 sarà tradotta
nelle leggi del Regime. La grande guerra liquida il vecchio mondo:
soprattutto quel mondo rappresentato tipicamente dal giolittismo, che
non aveva creduto nelle virtù del popolo italiano. Il
dopoguerra è torbido come accade sempre quando una pace grama
non è in relazione coi sacrifici sostenuti di denaro e di
sangue. Le cose appaiono oramai troppo grandi, nei confronti del
nazionalismo d'anteguerra, il quale, nonostante il valore singolo dei
suoi capi, non era mai praticamente uscito dai limiti di una
«scuola». Sono entrate in scena le masse. La guerra le ha
evocate. La guerra le rigetta — alla fine — di nuovo
nella vita. Queste masse deluse e aspettanti, si rivolgono ad
Oriente. Nasce il Fascismo. Il Fascismo è già sin dalla
sua costituzione al di là di tutte le «scuole».
Prende da ognuna di esse quanto hanno ancora di vitale, le respinge
per il resto in blocco, proclamandosi movimento e anti-partito: esso
annuncia la nuova rivoluzione che scardina socialismo, popolarismo,
liberalismo e altri minori raggruppamenti politici: molti
nazionalisti sin dal principio sentono che il Fascismo è
l'avvenire, soprattutto perché il Fascismo non disserta, ma
combatte: la sua propaganda è l'azione, lo scontro, la
spedizione punitiva, la battaglia incessante che viene consacrata dal
sangue.
(segue...)
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