(segue) Prefazione agli scritti e discorsi di Alfredo Rocco
(11 giugno 1938)
[Inizio scritto]
Dopo la Marcia su Roma la corrente
nazionalista deve sfociare nel grande alveo del Fascismo: altrimenti
non potrebbe sopravvivere. È quello che accade con la
«fusione» compiuta nel 1923. Alfredo Rocco fu
immediatamente favorevole alla fusione e da allora per 14 anni egli
dedicò la sua vita alla causa del Fascismo come giornalista,
legislatore, uomo di governo.
Della sua opera di governo, egli
ha lasciato tracce imponenti: dapprima nel 1923, con la legislazione
sulle pensioni di guerra che diede all'Italia un primato, non mai da
altri governi stranieri sorpassato, e testimoniò — coi
fatti — la concreta riconoscenza della Patria ai combattenti;
negli anni 1925-26 con le leggi per la difesa del Regime, onde
troncare una buona volta per sempre le velleità dei superstiti
elementi reazionari; negli anni '26-'27 tocca ad Alfredo Rocco il
compito — nella sua qualità di Ministro Guardasigilli —
di elaborare sul terreno giuridico le direttive di carattere sociale
stabilite dal Gran Consiglio e che, quale sviluppo della legge 3
aprile 1926, culminarono nella Carta del Lavoro — documento
basilare della nostra Rivoluzione.
Sono gli anni nei quali veniva
fatalmente maturando la soluzione del problema dei rapporti fra Stato
italiano e Santa Sede; com'è noto le trattative durarono dal
1926 al 1929, con una abbastanza lunga interruzione che non fu
negativa in quanto precisò alcune posizioni; nelle ultime
sedute, insieme col compianto prof. Barone, intervenne Alfredo Rocco;
al quale poi toccò di elaborare tutta la legislazione
scaturita dal Trattato e dal Concordato del Laterano il che egli fece
da Maestro. Fra pochi mesi potrà essere celebrato il primo
decennale di quell'evento che durante sessant'anni era stato nei voti
di tutti e da quasi tutti ritenuto impossibile. L'Italia aveva fatto
la sua rivoluzione nei segni del Littorio romano e con la volontà
di realizzare uno Stato di popolo, ma veramente forte ed
effettivamente sovrano: occorreva quindi rinnovare, i codici a
cominciare da quello penale e da quello di procedura penale; codici
che avevano fatto il loro tempo e che erano stati ispirati dalle idee
prevalenti nella seconda metà del secolo scorso: si presentava
l'occasione di conciliare le due scuole opposte dei classici e dei
positivisti: soprattutto si trattava di dare all'Italia fascista un
complesso di codici adeguato alle nuove potenti realtà della
vita nazionale. Alfredo Rocco riuscì pienamente in questo
arduo compito. Il codice Rocco è severo, e al tempo stesso
umano: il codice Rocco ha posto le fondamenta di tutta quella che
sarà l'elaborazione dei futuri codici, alcuni dei quali sono
oramai definiti.
(segue...)
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