(segue) Terza prefazione agli atti del Gran Consiglio
(10 luglio 1938)
[Inizio scritto]
Le Corporazioni, che nel mio
discorso del 14 novembre del 1933, venivano poste dinanzi ai loro
compiti storici, rispondendo al dilemma «crisi nel sistema o
del sistema», che la crisi è del sistema, oggi sono
funzionanti con compiti sempre più aderenti alla realtà
della vita economica nazionale: esse effettivamente dirigono e
controllano tale vita: con la conciliazione delle vertenze sindacali,
la vigilanza sui prezzi, il giudizio sui nuovi impianti industriali e
soprattutto con la lotta per l'autarchia, lotta che — lo
diciamo per l'ultima volta — sarà condotta a fondo, con
quello stile che si chiama «volontà del Fascismo».
Il Partito, affinando i suoi
particolari istituti, selezionando continuamente i suoi uomini,
permea del suo spirito e della sua attività tutta la vita
della Nazione. Esso concentra ora i suoi sforzi nell'educazione
politica delle masse e soprattutto nella preparazione della gioventù
attraverso la G.I.L. Chi ha visto i «Campi» dei giovani,
chi ha assistito alle manovre dei cinquantamila a Centocelle, chi ha
visto sfilare i battaglioni universitari, chi ha vissuto il fresco
entusiasmo delle massaie rurali, ha avuto l'impressione di quel che
sia e quel che faccia il Partito.
Esso è anche un potente
artefice della elevazione fisica e morale della razza, attraverso le
centinaia di migliaia di cimenti sportivi e attraverso l'istituzione
del Dopolavoro, che permette alle grandi masse di accostarsi alle
fonti più alte dello spirito nazionale.
L'azione incessante di questi tre
specifici formidabili fattori della Rivoluzione: Partito, Milizia,
Corporazione, sta creando un'altra Italia, quella che noi volemmo: la
nostra.
Questo cambiamento è
apparso luminoso in faccia al mondo durante la guerra africana,
durante l'assedio societario, quando il popolo italiano è
stato semplicemente magnifico di ardimento, di fierezza, di tenacia.
(segue...)
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