(segue) Terza prefazione agli atti del Gran Consiglio
(10 luglio 1938)
[Inizio scritto]

      Pochi popoli hanno nella loro storia pagine così drammatiche come quelle vissute dal popolo italiano dalla primavera del '35 al luglio del '36, quando la coalizione ginevrina capitolò! Avemmo appena il tempo per salutare questa vittoria, quando da oltre il Mediterraneo giungeva un appello che non poteva essere lasciato senza risposta: dopo che i bolscevichi fecero della guerra di Spagna la «loro» guerra si ricostituirono i battaglioni che erano appena tornati dalla conquista dell'Impero: le nuove gesta sono consegnate alla storia coi nomi di Malaga, Guadalajara, Santander, Bilbao, Tortosa.
      La pubblicazione degli atti del Gran Consiglio avviene mentre — nonostante l'aiuto franco-russo — la vittoria è afferrata dagli eserciti di Franco. L'evento è di un'importanza storica enorme: è la prima volta — ma sarà anche l'ultima? — in cui le Camicie Nere hanno affrontato in campo internazionale le forze bolsceviche e quelle degli immortali principi; è il primo scontro fra le due rivoluzioni, fra quella del secolo scorso (anche il bolscevismo è una involuzione reazionaria) e la nostra: non sappiamo se tale urto possa domani svilupparsi su scala europea e mondiale. Quello che sappiamo è che il Fascismo non teme un combattimento che deve decidere le sorti dei continenti.
      Coloro i quali leggeranno gli atti del Gran Consiglio rivivranno, attraverso le sue schematiche decisioni, eventi di portata storica. Con la creazione dell'Impero la statura politica dell'Italia si è elevata; il riconoscimento dell'Impero, da parte delle potenze, è la consacrazione della nostra duplice grande vittoria.
      La guerra africana ha determinato anche le linee maestre della politica estera dell'Italia, che ha un respiro mondiale e, pur essendo incline a forme più late di collaborazione, poggia decisamente sull'asse Roma-Berlino e sul triangolo Roma-Berlino-Tokio. La solidarietà fra Roma e Berlino ha caratteri così definiti che non ha avuto — sin qui — il bisogno di accordi di stile diplomatico.

(segue...)