(segue) Dialoghi sul Tamigi
(8 dicembre 1938)
[Inizio scritto]
Tafari
Quando, dopo la disfatta di Mai
Ceu nella quale impegnai tutte le mie forze migliori senza risultato,
poiché dopo due giorni di asprissima lotta furono travolte e
distrutte dagli Italiani, io — rimasto con un pugno d'uomini —
dopo un lungo errare giunsi ad Addis Abeba, ero deciso a chiedere la
pace. L'imperatrice la implorava. Uno dei miei figlioli mi
scongiurava di farlo. Voleva anzi rimanere a Dessié per
aspettarvi il Maresciallo Badoglio e ascoltare le condizioni della
resa. Domandai l'avviso dei miei consiglieri europei. Unanimi mi
dissero di resistere. Quando videro che ciò era impossibile,
unanimi mi dissero di fuggire, poiché la Lega di Ginevra e il
mondo intero mi avrebbero poi aiutato a rimettermi sul trono. Oramai
so che cosa pensare delle promesse e degli aiuti lontani e
democratici. Nessuna illusione è più possibile. Io sono
rassegnato. Un giorno o l'altro, quando sarò ridotto
all'estremo, mi rivolgerò — per vivere — alla
magnanimità di Mussolini. E forse non sarà invano!
Benes
Lo avete mai incontrato?
Tafari
Sì. Nel 1924, durante il
mio viaggio a Roma. Ebbi diversi colloqui con lui. In uno di questi
esaminammo l'insieme dei rapporti italo-abissini. Il Duce, lo ricordo
con la più grande esattezza, a un certo punto mi disse: «La
sola politica che vi conviene di fare è quella dell'amicizia
con l'Italia. Se la farete voi troverete in me un amico pronto e
leale; se — al contrario — vorrete giocare altre carte,
l'Italia cambierà a sua volta il carattere delle relazioni
italo-etiopiche. Non coltivate delle illusioni. L'Italia di oggi è
grande, è potente, è armata».
Tornato ad Addis Abeba, i miei
consiglieri europei cercarono di annullare l'effetto delle mie
impressioni romane e mi dissero che quello dell'Italia era un bluff,
parola che io non conoscevo e della quale mi feci spiegare il vero
significato. I miei consiglieri militari francesi, belgi, russi,
svedesi affermarono che quando avessi voluto — alla testa dei
miei invincibili guerrieri — avrei potuto gettare gli Italiani
nel mare di Massaua...
(segue...)
|