A Carbonia
(18 dicembre 1938)


      A bordo dell'incrociatore «Bolzano», il 17 dicembre, il Duce si reca in Sardegna, per il rito battesimale della nuova città di Carbonio; e sulla Piazza Roma, presenti, in disciplinate formazioni militari, 50.000 persone, tra cui 6000 minatori, nel giorno della «Fede», 18 dicembre, che già vide la nascita di Littoria e di Pontinia, pronuncia questo discorso:

      Camicie Nere, Camerati ingegneri, tecnici, lavoratori!
      Oggi, 18 dicembre, dell'anno XVII dell'Era fascista, nasce, con questo semplice rito inaugurale, il più giovane Comune del Regno d'Italia: Carbonia. Esso ha nel nome la sua origine, il suo compito, il suo destino e avrà nel suo stemma una lanterna da minatore. Esso, ancora una volta, documenta e documenterà, nei secoli, la veramente formidabile capacità realizzatrice e organizzatrice dell'Italia fascista.
      Quando, dodici mesi or sono appena, giunsero qui i primi disegnatori, che dovevano tracciare le linee del nuovo Comune, essi trovarono una landa quasi completamente deserta: non un uomo, non una casa, non un sentiero, non una goccia d'acqua: solitudine e malaria. Sotto la nuda scorza della terra, l'immensa ricchezza dell'autarchico carbone italiano, non inferiore ai carboni stranieri, che si chiamerà «carbone Sulcis», attendeva le squadre dei minatori. I primi tempi furono tempi di pionieri, durissimi: non c'era nulla e bisognava creare tutto. Ma ecco, dopo dodici mesi, apparire al nostro sguardo commosso, la nuova città, che ha oggi dodicimila abitanti e ne avrà ventiquattromila fra pochissimo tempo.
      Grideremo dunque al miracolo? (La moltitudine risponde: «Sì!»). Diremo, invece: «Volontà orgogliosa e indomabile del Fascismo». (La moltitudine grida: «La Vostra!»).

(segue...)