(segue) Il viaggio nel Piemonte
(14-20 maggio 1939)
[Inizio scritto]

      Combattuto e vinto contro la coalizione sanzionista inscenata da quella Società delle Nazioni che giace ormai sepolta senza rimpianti in quel grande mausoleo di marmi che le è stato eretto sulle rive del Lemano.
      Combattuto e vinto in Spagna, a lato delle eroiche fanterie di Franco, contro una coalizione democratico-bolscevica, che è uscita dalla lotta letteralmente schiantata.
      Sintesi di questi sette anni: la conquista dell'Impero; l'unione del Regno di Albania al Regno d'Italia; un accrescimento della nostra potenza in tutti i campi.
      Mentre vi parlo, milioni di uomini, forse centinaia di milioni di uomini, in ogni punto del globo, attraverso alti e bassi di ottimismo e di pessimismo, si domandano: «andiamo verso la pace o verso la guerra?». Grave interrogativo per tutti, ma in particolare per coloro che, a un dato momento, devono assumersi la responsabilità della decisione.
      Ora io rispondo a questo interrogativo, dichiarando che, attraverso un esame obiettivo, freddo della situazione, non ci sono attualmente in Europa questioni di ampiezza e di acutezza tale da giustificare una guerra, che da europea diventerebbe, per logico sviluppo di eventi, universale. Ci sono dei nodi nella politica europea, ma, per sciogliere questi nodi, non è forse necessario di ricorrere alla spada. Tuttavia, bisogna che questi nodi siano una buona volta risolti, perché talora si preferisce a una troppo lunga incertezza una dura realtà.
      Questo non è soltanto il pensiero dell'Italia, ma è anche il pensiero della Germania, e quindi dell'Asse, di quell'Asse che, dopo essere stato per molti anni un'azione parallela dei due Regimi e delle due Rivoluzioni, diventerà, attraverso il patto di Milano e attraverso l'alleanza militare che sarà firmata entro questo mese a Berlino, una comunione inscindibile dei due Stati e dei due Popoli.

(segue...)