a cura di Federico Adamoli

Adamoli a Bologna
[12 luglio 2024]

     Nel corso degli anni il sito di famiglia, aperto nel lontano 2005, ha richiamato l'attenzione di svariati studiosi che nel corso delle loro ricerche si sono imbattuti nelle pagine delle varie sezioni; alcuni di questi studiosi hanno contribuito ad allargare notevolmente le notizie che riguardano la vita dei nostri antenati, in particolare per ciò che riguarda il lavoro degli antenati ramai negli impianti produttivi del bolognese: dai pochi cenni riportati nelle memorie di famiglia da Umberto Adamoli si è passati ad una nutrita serie di notizie, riguardanti non solo il lavoro, ma anche le vicende private di questi antenati. Circostanza sorprendente, perché era naturale pensare che fosse molto difficile aprire uno squarcio sulla vita di persone che vissero in tempi e luoghi così lontani, senza condurre una vita pubblica.
     Tra le notizie più interessanti colloco quindi quelle che, a più riprese, sono giunte da Bologna e dintorni, luoghi nei quali il trisavolo Giuseppe Maria Adamoli, giunto in Abruzzo nel 1842, lavorò come ramaio. Ho avuto modo di apprendere che Giuseppe non fosse solo a Bologna, ma insieme a lui vi erano i fratelli Antonio e Carlo; quest'ultimo venne assassinato a Pontecchio nel 1839 da Luigi Baschieri, dipendente nella “Fabrica del Maglio”, con uno “scortichino”. Di tale delitto ho ampiamente riferito (L'Omicidio Adamoli,1839 - L'interrogatorio di Luigi Baschieri, 1840).
     Recentemente ho ricevuto il contatto del dottor Giuliano Guerrieri di Sassuolo, il quale nel corso di personali ricerche ha individuato il nome di Carlo Adamoli registrato tra gli abitanti dei locali attigui al battirame (il termine 'battirame' è da intendersi come sinonimo di ramaio) di proprietà dei fratelli Bontempelli, i quali lo acquistarono nel 1791. Guerrieri precisa pure che “non viene attribuito a Carlo né l'età, né il luogo di provenienza, come avveniva normalmente per gli altri abitanti”.
     Come mi riferisce il dottor Guerrieri “A quei tempi le persone, che abitavano tali locali, lavoravano al maglio nel battirame dei fratelli Luca e Giuseppe Bontempelli”. Il Guerrieri aggiunge che “altri Adamoli della sua famiglia hanno lavorato in altri battirame nel bolognese degli stessi Bontempelli”. E' interessante puntualizzare con precisione queste diverse localizzazioni: dalle notizie risulta, per esempio, che nel 1837 i fratelli Carlo e Giuseppe erano “degenti alla Rameria di Pontecchio”, dove vi giunsero nel 1831. Antecedentemente, nel 1818 (come mi riferisce sempre il Guerrieri) Carlo invece era registrato nei locali di Sassuolo dei Bontempelli.
     Il nome dei Bontempelli non mi è nuovo, in quanto è già comparso tra le notizie che nel tempo ho pubblicato sui miei avi ramai, ed in particolare attinenti ad una questione relativa alla riscossione di alcuni crediti che i fratelli Adamoli avevano nei confronti della Rameria del Maglio di Pontecchio di Pietro Bontempelli, che era fallita nel 1841. (Vicende degli Adamoli in Bologna, 1837-42)). Sempre da questi documenti si apprende che l'ultimo domicilio noto di Giuseppe, prima di trasferirsi in Abruzzo, era Cesena, forse presso un cliente della rameria. In tempi successivi all'arrivo in Abruzzo di Giuseppe Maria, presso la struttura di Pontecchio risultano lavorare ancora, nel 1865 circa, il fratello Antonio (1813-1888) ed il figlio di questi, Fortunato (1848-1909).
     All’interno dell’Archivio del Tribunale di Bologna si sono pure ritrovate alcune lettere scritte da Giuseppe, altra circostanza di per sé straordinaria. Come precisa Giancarlo Dalle Donne nel suo saggio “L'industria del rame nel bolognese” (in “Scuola Officina. Museo del Patrimonio Industriale di Bologna” numero 2, 2016) tra gli incartamenti relativi al fallimento Bontempelli si ritrovano alcuni documenti relativi alla ditta di Pietro Bontempelli, circostanza di per sé molto insolita, tra le quali alcune lettere di Giuseppe Adamoli, che era succeduto al fratello Carlo come capo ramaio, dopo il suo omicidio; in esse egli parla di “risse, ubriacature frequenti, infortuni sul lavoro, operai 'birbanti e prepotenti' (…) Scrive Giuseppe, in una lettera a Pietro Bontempelli del 30 novembre 1839: 'il lavoro è rimasto indietro per le carogne de Baschieri insoma in questa fabrica non potiamo respirare perché c’è sempre delli impedimenti di non fare il lavoro'.” (Dalle Donne, cit.)






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