Luigi Barzini
Odissea. L'avventurosa fuga di un nostro aviatore dal campo nemico.


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     Non sapeva ancora come sarebbe fuggito ma credeva alla fuga come il fedele crode al miracolo. Aspettava l'ora propizia con un sentimento che aveva del religioso, con un fervore struggente, con uno spasimo di passione.
     Da due notti non dormiva. Il suo pensiero cercava affannosamente un varco con la insistenza tormentosa di quelle idee fisse, ossessionanti e folli che scavano il cervello nella febbre. La sera del 29 agosto egli si coricò dopo la prima visita della ronda. Con gli occhi spalancati nel buio aspettò che passasse la controvisita. Tutte le notti arrivava un ispezione, che non aveva orario; alle nove, alle dieci, alle undici, improvvisamente si udiva lo strepito delle porte che si aprivano e dalla soglia della camera irrompeva un raggio di lanterna.
     Quella sera la controvisita arrivò verso mezzanotte. L'Adamoli finse di destarsi al giungere della ronda. Ascoltò poi i passi dei soldati sulla scala; quando la pattuglia fu lontana egli si levò lentamente e discese scalzo al piano inferiore della casetta divenuta prigione di guerra.

Le sentinelle

     Come le altre otto case del campo, costruita per servire di abitazione ad una squadra di operai ferrovieri, essa aveva un andito e una cucina in basso, una camera unica e grande in alto. Avanti alla porta passeggiava una sentinella. Due sentinelle vigilavano i fianchi dell'edificio. Andavano su e giù perennemente. Il rovescio della casa dava sullo spiazzo dominante la Sava, limitato dalla alta rete di acciaio, lungo la quale altre sentinelle erano in vedetta ogni venti metri. Le lampade spandevano per tutto il loro chiarore calmo.