Non aveva più coscienza del tempo, Birnbaum era perduto nel passato. Aveva superato i limiti dolorosi della fame e della stanchezza, camminava come una macchina in una insensibilità di sogno. Più volte si era nascosto allo scalpitio e al frastuono di oscuri carri militari. Intuiva l'avvicinarsi della guerra. Doveva essere passata la mezzanotte quando arrivò in un grande centro. Era Baumbac Nutte.
Ne aveva visto le luci da lontano; apparivano e sparivano ad ogni svolto di strada. Voleva evitarlo, girare intorno, ma ebbe paura di sperdere troppo le sue forze. Il silenzio lo rassicurava. La strada era deserta. Affrettò il passo, come un soldato che vada per un incarico, c rizzò il bastone dietro alle spalle per simulare il fucile nell'ombra. Avanzò fra delle case nuove, riconobbe un ospedale, e più lontano un impianto idroelettrico che rombava, dei mulini in lavoro, degli uffici. Attraverso una finestra bassa intravide un ufficiale che scriveva. Una teleferica lanciava nel buio i suoi cavi. Egli era appena uscito dal paese, che udì uno strepito, e una luce abbacinante lo investì.
L'Isonzo
Era un camion che sopraggiungeva veloce; altri lo seguivano, enormi. L'italiano si gettò oltre il margine. La scarpata della strada scendeva fino alle ghiaie biancheggianti di un fiume.
L'Isonzo. Il fuggiasco lo riconobbe per intuizione. Si calò fino all'acqua. I suoi piedi gonfi sanguinavano. Li scalzò e li immerse nella corrente fredda. L'Isonzo! Era l'Isonzo la strada, ora. Seguendolo, si sarebbe arrivati fra i soldati d'Italia.
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