PROFILI. GLI ANNI '80 DI SERENA GRANDI

Ave Serena, siamo tutti pazzi di te (1986)

Incidenti irritanti: una diga di fotografi sta aspettando l' arrivo di Serena Grandi, la bella ragazza che ha ridato al seno cinematografico la sua violenza e il suo protagonismo: sul motoscafo appare una figura alta e vestita di seta gialla svolazzante, le braccia colme di fiori. "Serena, Serena!" gridano i fotografi e la signora si volta, sotto l' immediato crepitare delle macchine. Poi un grido: "Serena, come sei invecchiata!". Si tratta infatti della pur affascinante Melina Mercouri, ministro greco della cultura, che accompagna il regista Theo Anghelopoulos, il cui film Il volo, viene dato questa sera in concorso. Melina non sa chi sia Serena, ma non si sconcerta: le basta un sorriso e un saluto gridato con il suo vocione, per riconquistare i delusi fotografi. Poco dopo, si vede muoversi lentamente, come fosse uno sciame di api, un' immensa montagna umana. Dentro, quasi invisibile, difesa dai poliziotti, c' è finalmente la tanto attesa Serena; finalmente una ragazza che fa giustizia delle graziose attrici della Mostra, magre, stinte, spettinate vestite da autostoppiste, forse anche non del tutto pulite. E' proprio bella, alta, il corpo che lei definisce "giunonico", elegantemente fasciato da un vestito stile anni cinquanta, il viso dai lineamenti delicati che lei definisce "alla Ferida", levigato da un trucco sapiente: porta all' anulare sinistro una vera "che mi ha regalato mio padre, funzionario statale in pensione, e che mi porta fortuna", e al polso un braccialetto d' oro con la scritta in diamanti "Sono pazzo di te" che forse le ha regalato l' uomo con cui vive "e che mi rende la vita più dolce, perchè la solitudine sarebbe insopportabile con il lavoro che faccio". Lanciata da Miranda di Tinto Brass e da La signora della notte di Schivazappa come il simbolo ritrovato di una femminilità sporcacciona, abbondantissima, eternamente a gambe divaricate, Serena Grandi, davanti all' insalata e alla sogliola, è una signora dai modi eleganti e cortesemente sollecita. "Non sono una maggiorata pentita, non vedo perchè nei film non dovrei spogliarmi più, per me non c' è nessun problema a recitare nuda. Io poi credo che anche nel mio mestiere ci voglia coerenza: se la carriera inizia in un certo modo, penso che non sia intelligente rinnegarla. Del resto io personalmente sono così, romagnola, carnale, passionale, un personaggio drammatico e asessuato non saprei da che parte pigliarlo". La parola "maggiorata", che evoca gli anni d' oro della Lollo, della Pampanini, della Loren, l' ha imparata sin da bambina "perchè era l' aggettivo con cui veniva definita mia madre. Era così bella e vistosa che Germi le offrì un ruolo importante nel Ferroviere. Ma lei, che viveva a Rimini, rifiutò spaventata e la parte andò a Sylva Koscina. Certo il termine "maggiorata" mi fa un po' ridere: d' altra parte le grandi pettone sono diventate tutte famose, e io di questa mia particolarità, di questa diversità, ne faccio un' arma che nel cinema funziona". A 12 anni aveva già quel seno immenso e non si trovavano reggiseni adatti a lei: "Non capivo le dimensioni del mio corpo, soffrivo tremendamente di quella che mi sembrava un' anomalia: ho cominciato ad apprezzarla tardi, a 21 anni, quando decisa a diventare un' attrice, ho lasciato Bologna e sono andata a Roma in cerca di fortuna. Devo però stare molto attenta, perchè con le mie curve si fa presto a diventare volgare: per fortuna mi salva la faccia, che non mi sembra molto vistosa". Felice, trionfante solare, la nuova stella italiana dell' erotismo piccolo borghese, specializzata, dice lei, sin dal suo primo piccolo ruolo, "in parti di cameriera", Serena Grandi ha un solo problema, ingrassare. "E' una guerra tremenda, senza tregua: ogni giorno provo un certo paio di jeans, una certa gonna stretta, per misurarmi, e se solo mi strizzano un po' , digiuno". Ha finito di girare in Francia un film con Gianfranco Mingozzi, regista intellettuale, ispirato a Apollinaire e intitolato Le imprese di un giovane Don Giovanni, sta terminando con Sergio Corbucci Rimini Rimini e è qui a Venezia per fare pubblicità a Desiderando Giulia di Andrea Barzini, liberamente tratto da "Senilità" di Svevo, e che esce in questi giorni in Italia. Già l' aspetta Lamberto Bava per un suo horror, Le foto di Gioia, in cui continuerà con serenità a riempire lo schermo con quel corpo grandioso che fa sognare gli italiani e che probabilmente li intimidisce a morte perchè a gestirlo c' è una donna certamente intelligente, che lo usa senza farsi sfruttare. E' sicura di sè, si sente pronta per ruoli erotici di sempre maggior classe: dice che le sarebbe piaciuto almeno conoscere Buuel, che le piacerebbe essere chiamata da Scola e da Monicelli. E da Fellini? L' attrice che per il suo petto potrebbe certo interessare il regista, riminese come lei dice con grande talento: "Assolutamente no, Fellini usa gli attori come strumenti, io voglio lavorare con chi mi permette di essere una persona che ha qualcosa da dare". (Repubblica — 03 settembre 1986 - LIDO DI VENEZIA)