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L'ultima dimoraa cura di Federico Adamoli (2008
stampato in proprio
305 pagine) |
poeta, Tocco a Casauria (19-5-1883). quella divina favilla, costì sulla riva solitaria del Pescara, fra monti usi soltanto a ripetere i gridi del caprajo, lontano da quei centri dove si agita la vita del pensiero, dove uno spirito giovine può trovare quel pascolo di libri e di scuola, che ne aiutino lo sviluppo e ne sorreggano il volo incipiente? Quale alimento e quale conforto costì in piccoletta città, sola in mezzo al silenzioso altipiano, che si alza come isola verdeggiante nello sterile varco, recinto dallo scoglioso Appennino? Quale alimento e conforto, buon Dio! nell'oscurità di una povera officina, all'umile deschetto, tra la lesina ed il cuoio? ...Eppure quella favilla crebbe, e s'arse tal fuoco, che anche lontano ne ha visto il lampo e sentito il calore. A quanti inetti che inebetiscono nelle dovizie e in mezzo all'esuberanza di tutte le risorse intellettuali e morali, dev'essere aspra condanna e rossore sul volto la tua povertà così nobilmente efficace? Ma ahimé, quanto soffristi! Tu mi sembravi il seme d'una quercia, messo a germogliare entro un vasetto di creta: mi sembravi il pulcino d'un aquila, costretto a crescere nell'angusta gabbia di un passero. Per altri germi di quercia non è mancata la mano solerte
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