Fede di Dante
Da questa breve sposizione è facile ricavare come Dante non s'affidasse agl'impeti di un'estasi solitaria e superba; ma credesse veracemente e umilmente, e adorasse con ferma quiete le immagini divine che la sua fantasia gli veniva colorando sulle traccio dei dogmi e delle credenze della cristianità. Per questo ei ritrae e disegna con si profonda confidenza le sue figure infernali e celesti, e non si rifugia mai nelle reticenze e negli scorci dell'immaginazione, ma vede, e sa che la sua visione sarà assentita dalla coscienza de' suoi tempi. E però alla sua fede, più che ad altro, e alla fede dell'età sua deve l'Alighieri la sua sicura evidenza.
A dispetto di questa verità, si armeggiò lungamente e si armeggia tuttavia dai critici per chiarire i sinceri ed ultimi intenti di Dante; e i più dissero ch'egli aveva pigliato a scrivere il suo viaggio poetico per poter a sua posta infamare i nemici suoi e della sua setta, e lodare amici, e vituperare chierici e papi, e svelenire le sue astiosità ghibelline; altri vollero che il facesse per mettere in mostra il suo sapere e poetizzare la logica; altri ch'ei volesse simboleggiare nei tre regni degli spiriti tre diverse disposizioni dell'anima umana, o serva delle passioni e tutta chiusa in esse, o sospesa intra buone e male vocazioni, o felice nella vita e nella contemplazione della sapienza.
Foscolo, sagace critico ma passionato e sdegnoso non meno di Dante, e per sopraggiunta disperato d'ogni umana virtù, vero Capaneo della letteratura, tolse a dimostrare che tutti i commentatori di Dante l'avevano per miseria di cuore e per marcio ingegno franteso; che l'Alighieri non aveva mai in vita sua mandato fuori intiera alcuna parte del sacro poema; che l'assunto del poeta era di predicarsi riformatore di Santa Chiesa ed apostolo novello, e di lasciar la trina cantica come la bibbia dell'innovato cristianesimo.
Codesto tema sofistico fu poi peggiorato dal Rossetti, che volle tradurre tutta la lingua simbolica ed erotica di Dante, e di quant'altri scrissero d'amore nel XIII e nel XIV secolo, in un gergo di settarii politici e di eretici neocristiani; e i fallaci indizii furono volentieri raccolti testé dal francese Aroux per accusare d'ipocrisia scellerata e puerile tutte le lettere italiane. Per l'opposto, altri mostrò Dante non cristiano soltanto e mistico, e assetato d'ogni consolazione spirituale, ma ascetico sottilizzatore di frasi rituali, e architettore di claustrali arguità.
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