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Gli studi

      Ma questo stesso dolore ispirò la Vita Nuova, di cui pur il solo titolo è un concetto sublime. Vi sono raccolti tutti i versi d'argomento amoroso che Dante aveva scritti fino al venticinquesimo anno della vita sua, e poco dopo la morte di Beatrice; e la prosa, che accompagna e dichiara i versi, è alcuna volta più poetica e passionata di essi, è, quasi a dire, fatta più profonda e comprensiva dalla postuma coscienza e dalla perfezione del dolore.
      Quest'operetta singolarissima, che è come la chiave dell'ingegno del poeta, si conchiude con alcune parole solenni e votive, che già preludiano il gran poema, e che vogliono essere sempre ricordate.
      «Appresso apparve a me una mira visione, nella quale vidi cose, che mi fecero proporre non dire più di questa benedetta, infintanto ch'io non potessi più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò, io studio quanto posso, siccom'ella sa veramente. Si che, se piacere sarà di Colui per cui tutte le cose vivono, che la mia vita per alquanto perseveri, spero dire di Lei quello che mai non fu detto d'alcuna. E poi piaccia a Colui, che è sire della cortesia, la mia anima se ne possa ire a vedere la gloria della sua donna, cioè quella benedetta Beatrice, che gloriosamente mira nella sua faccia Colui qui est per omnia scecula benedictus. Laus Deo». Qui è tutto Dante; questo è lo schietto ritratto del principio di sua aspirazione, nella quale l'arte si congiunge colla fede, la religione coll'amore. E a chi non sapesse comprendere il linguaggio e lo spirito di quei tempi, basterà ricordare la sentenza d'un moderno filosofo: Il cristianesimo essere l'attuazione della poesia filosofica.
      Or è a vedersi quello che gli studii, gli uomini, i tempi, i casi aggiunsero a questo germe paradisiaco, e come temperarono e colorirono quest'anima, che cercava nella vita l'intelletto d'umore.