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Imitazioni e traduzioni della Divina Commedia

      Gran lume di raffronti filologici ed estetici potrebbe trarsi anche dalle imitazioni e dalle traduzioni della Divina Commedia, le quali sono parecchie in ciascuna delle lingue illustri d'Europa. Ma Dante già preparava contro coloro che si ardissero di travestirlo in lingua straniera, questa solenne ammonizione: «Sappia ciascuno, che nulla cosa per legame mosaico armonizzata si può dalla sua loquela in altra trai mutare, senza rompere tutta sua dolcezza e armonia» (Convito, I, 1). I primi traduttori della Divina Commedia ci sono dati dalle lingue affinissime alla nostra che sono il catalano ed il castigliano. La prima traduzione conosciuta è quella del Feber in catalano, che sarebbe del 1428; la prima stampata è di Fernando di Villegas, castigliano, che fu pubblicata a Burgos nel 1515. Ma anche negl'idiomi più lontani dal nostro non mancarono felici sperimenti di traduzione, ed assai lodata dal Foscolo è quella inglese del Cary (1819), venuta dopo due altre meno note del Body e del Tawer, e seguita da quella del Wrigth, che ora le contende i primi onori. Ma la più bella versione della Divina Commedia in inglese favella è quella dell'illustre poeta americano Longfellow.
      I Tedeschi sono naturati a comprender Dante più che altro popolo d'Europa; e veramente l'Alighieri appartiene a quell'iniziale idealismo romano-germanico, che da Gregorio VII ed Anselmo d'Aosta a Cola da Rienzo e al Petrarca parve aver comuni le ispirazioni, ma che poi diviso lasciò a noi il Savonarola, il Bruno, il Vico non tollerati e non compresi, e diè ai Tedeschi Lutero, Leibnizio, Goethe ammirati e potenti. E però questo popolo allemanno è forse meglio atto che non siamo noi stessi a comprendere ciò che in Dante ci pare troppo astratto, e a penetrare in quelle ultime sfere intellettive, dove la logica si trasforma in immaginazione, e dove, come dice sant'Anselmo, l'idea prova l'esistenza. E certo l'ultimo sonetto della Vita Nuova e gli ultimi canti del Paradiso non ponno pienamente intendersi, chi non osi commentarli coll'esperienza del misticismo, e accompagnarli colla lezione dei versi di Angelo Silesso, il quale sentivasi rapito al di là di Dio (Man muss noch uber Gott), e colla meditazione dell'ultima scena del Fausto, celebrata dalla Germania come un miracolo d'ardimento ed un tesoro di profezia, e che è veramente una parafrasi di questi versi di Dante inaccessibili ai nostri ipercritici:
      Oltre la sfera che più larga gira
      Passa il sospiro ch'esce dal mio cuore;
      Intelligenza nuova, che l'Amore
      Piangendo mette in lui, pur su lo tira;
      Quando egli è giunto là dov'ei desira
      Vede una donna ...

      Né può trovarsi in tutta la poesia un più chiaro riscontro da contrapporre al famoso Das Ewig-Wetiliche, la suprimità femminina, che è ultimo suggello alle rivelazioni del Goethe. Fra i traduttori e commentatori di Dante la Germania annovera, oltre il Kopisch e il Graul, Giovanni Maria Nepomuceno re di Sassonia.