Pagine in Libertà - 2014 - I testi possono essere copiati citando la fonte - ww.adamoli.org/free/dante-alighieri


[Home Page]

L'incontro con Virgilio

      E qui desideriamo anche avvertire, che il poema dantesco essendo plastico e sintetico, più che analitico e riflessivo, potrebbe sopportare assai bene la parafrasi; e questa per avventura sarebbe la migliore, comecché certo la più difficile maniera di commentario estetico ed insieme esplicativo: a quel modo che per ridurre al gusto moderno le sobrie e profonde melodie dei vecchi maestri giova fraseggiarle e varieggiarle così, che se ne senta a prova la larghezza e la fecondità.
      Ma continuandoci nella sposizione sommaria del poema, veggiamo che quando Dante, per paura delle belve nimichevoli, s'abbandona al basso, lo soccorre Virgilio, simbolo dell'umana ragione, o, ciò che torna al medesimo concetto, dell'antica civiltà, o, se più vi piace, ombra che ha vita propria, e possibilità di memorie e d'affetti. Imperocché si vuol notare qui, che i morti, e le ombre, e i dannati, e le anime purganti e le beate, e le donne benedette, e le virtù, e le forze celesti personificate, tutte avevano vita o potevano averla nella fede del poeta e nella persuasione de' suoi tempi
      Virgilio adunque, simbolo di quel genio antico
      Che per lungo silenzio parea fioco,
      e nel tempo medesimo anima viva veramente ed immortale, evocata dai pensosi crepuscoli del Limbo, accorre in soccorso dello smarrito poeta e lo persuade che al bel monte non può andarsi per corto cammino, né campar dalla lupa malvagia per altra via che visitando i luoghi eterni. Di che prima Dante, pressato dalla paura presente, lo prega; poi (cant. II), sopravvenendo la notte e lo stracco riposo della natura, comincia a lasciarsi vincere alla viltà, e domanda com'egli, oscuro e ignoto, possa fidarsi a sì alto passo, e tentar cosa che, per arcana preparazione di fati divini ed umani, appena fu concessa ad Enea e a san Paolo. Allora Virgilio narra divisatamente come tre donne benedette tenessero consiglio in cielo per la salute di Dante, e come per lui Beatrice discesa agl'inferi pregasse e piangesse d'amore.
      Rincalorito da queste immagini, Dante ei mette animosamente sulle orme del grande Mantovano, ed è presto alla porta dell'inferno (cant. III), ove legge quella iscrizione, che nella sua biblica semplicezza e nella sua perspicuità tremenda pare più misteriosa e paurosa che tutte le indefinite orribilità del prologo infernale di Milton. L'introito dell'inferno è, per mirabile eccezione, più colorito che scolpito, più musicato che plasmato. Sono tenebre che versano un torrente di musica infernale. E in quella notte visibile e mugghiante vedete la moltitudine miserabile e innominata dei codardi che né seppero vivere, né ponno morire, correnti con ansietà inutile e senza scopo dietro un'insegna che non ha nome né forma, e spandendo vilmente sangue e lagrime per combattere col fastidio delle vespe e dei vermi.
      Non crediamo che mai alcuno con più viva e profonda fantasia significasse la vita incerta, mutabile e vuota, anzi pur piena d'inutili martirii, di quei moltissimi che sono uomini indarno, e che, ristringendo a sé soli ogni loro pensiero, d'animali cosmici e divini e di sustanzie eterne si fanno laide bestie e dimentichevoli apparenze; e né per ciò ponno spegnere tanto l'anima la quale è affissa, come condanna, al loro corpo, ch'essi non sieno tormentati da perpetui dolori e ansimanti per inutili fatiche, e invidiosi d'ogni altra sorte, fin di quella dei dannati.