Morte di Dante
In Ravenna Dante dimorò infino all'ultimo di sua vita; onoratovi dai cittadini e dal signore, che di lui si valse alcuna volta in opera d'ambascerie; e v'è memoria d'un'ultima legazione di Dante ai Veneziani, donde ei tornò inconcluso e smagato. Pietro e Jacopo, suoi figli, e Beatrice, dolcissimo e ricordevole nome che fu quello dell'unica sua figliuola, erano con lui quand'ei morì, il 14 settembre 1321, finiti da quattro mesi appunto i cinquantasei anni d'età. Poco innanzi la sua morte s'era ragionato fra gli amici suoi di volerlo far coronare in Bologna colla corona dell'alloro; e dalla risposta di Dante si ritrae ch'egli non aveva ancora divulgata tutta l'ultima sua cantica
.....quum mundi circumflua corpora cantu
Astricolaque meo, velut infera regna, patebunt,
Devincire caput hedera lauroque juvabit.
(Egloga I a Giovanni di Virgilio).
Il Polentano, leggiadro poeta anch'esso, anzi imitatore di Dante (vedi la sua canzone, Io sento il sommo bene, pubblicata dal Rannucci), celebrò solennissime esequie al suo glorioso maestro, e disegnava alzargli un sepolcro onorato; ma poco appresso ei perdé la signoria e la patria. Nondimeno i figli di Dante rimasero alcun tempo in Ravenna: e Beatrice vi si rese monaca nel monastero di Santo Stefano dell'Uliva, e vivea ancora nel 1350, anno in cui il Comune di Fiorenza le mandò per messer Giovanni Boccaccio fiorini dieci d'oro: prima ammenda pagata dai Fiorentini al loro grand'esule. L'altra famiglia s'era già tramutata in Verona, ove rimane tuttavia alcuna vena del sangue degli Alighieri.
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