Intorno le conoscenze biologiche e di Michelangelo Asson
La grave idropisia| che si dispaiaLe membra con I' umor che mal converte| Che 'I viso non risponde alla ventraia| Faceva a lui tener le labbra aperte| Come l'etico fa| che per la sete L'un verso il mento e f altro in su ri verte.
(Inf. c. xxx.)
Nella ributtante ma veracissima pittura de'due lebbrosi| il ribrezzo č accresciuto dall'armonia imitativa che spira dalle rime e dal verso :
Io vidi duo sedere a sč poggiati|
Come a scaldar Ŧ' appoggia tegghia a tegghia| Dal capo ai pie' di schianze maculati. E non vidi giammai mentire stregghia Da ragazzo aspettato dal 6Ėgnorso| Né da colui che mal volentier vegghia| Come ciascun menava spesso il morso Dell' unghie sovra sč per la gran rubbia Del pizzicor| che nou ha pių soccorso ; E si traevan gių I' unghie la scabbia| Come coltel di seardova le scaglie| 0 d'altro pesce che pių larghe l'abbia.
(Inf. c. xxix.)
Dietro Galeno| i Greci del basso impero e gli Arabi rappresentavano la lebbra per una forma squamosa di cutanea malattia. Dante| nello assomigliarne le squame a quelle dello scardova| o d' altro pesce che pių larghe /' abbia| mostrava riguardare a quella sembianza di malattia squamosa| che i moderni discernono col nome d' iltiosi| e che a quei tempi era indistinta| e andava confusa con le altre lebbre.
Tra' maravigtiosi effetti| nella cui dipintura gareggia l'imaginazione colla veritā| del morso di que' serpeuli av-
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