Intorno le conoscenze biologiche e di Michelangelo Asson
— fòle chiuse palpebre ( Ibid. tract. 11| cap. v). Che se alcuni elementi ideali| subbiettivi| in noi esistono indipendenti dai sensi| anteriori ad ogni sperìenza| un primo vero (Par. c. xi)| alcune prime notizie e incbinevolezze (Pur.c. xvm)|
i matematici assiomi
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.....Come veggion le terrene mentiNon capere in triangolo due ottusi|
(Par. c. xvii.)
questi meglio si sentono che si conoscano| nè si sa donde provengano. Per le cose non parventi| insufficiente è la ragione| debole è 1' intuito. Vero intuito sarebbe un raggio divino| che si aggiungesse al poco vedere dell'uomo. Ma se in cielo ( cosi nota Dante per bocca d' uno spirito eh' ei pose a letiziare nella sfera de' contemplatori)| se in cielo non perviensi a concepire tutto I' abisso dell' eterno statuto| chi comprenderlo in terra (Parad. e. xxi)? Che se Dante| al termine del misterioso viaggio| imagina aver fruito un istante l'immediato intuito in Dio| una folgore gli percosse tosto la mente| e ne infranse la virtù. Solamente la fede è sostanza| è argomento delle cose sperate e non parventi| perchè tutta consiste in quella la loro essenza| nè può virtù di argomento dimostrarla| ma deve porla come premessa (Par. c. xxiv). Fermato questo| una formula filosofica| che fosse principio a tutte le nostre conoscenze intorno gli esseri| sarebbe stata impossibile nella mente di Dante. Il limite posto all' intelletto per tutte le realità| a cui non basta la ragione| e quel grado d'intuito| eh' è possibile all' uomo| sarebbero stati alla continuità scientifica di quella formula interruzione. Appunto quel limite| che arresta la mente ne' procedimenti suoi| costrinse Dante| idealista fino alla contemplazione| ad aver
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