Omaggio a Dante Alighieri di
\ 2 RAGIONAMENTO INTORNO AL VERO SENSOche era vivo: Questi non vide mai l'ultima sera: come dunque potrebb' esser dannato ? Soggiugne però| che per la sua follia fu sì presso all' ultima sera| che poco saria potuta tardare. Colla quale sentenza eccettuativa in sostanza vuol dire| che sebbene Dante non era dannato | giacche non era morto ; nondimeno poco era mancato| che non andasse perduto; giacche poco era mancato che la sua follia non gli facesse incogliere la morte. Ora qual è la follia | che gastigata colla morte faccia incontrare la eterna dannazione? Non altra per fermo se non quella del peccato| in pena del quale in tanti luoghi delle divine Scritture è minacciata la morte non solo eterna ma anche temporale| chiamata perciò il proprio guiderdone del peccato : Stipendia enim peccati mors 1 ; mentre il peccato è detto alla sua volta
10 stimolo più provocativo della morte : Stimulus autcm mortis peccatimi2. Quanto a sè| dice Virgilio| che egli non ò propriamente d'Inferno| ma sì del Limbo; e fu mandato per liberare il compagno dalla trista cagione di cotanta miseria ; da quella cioè| a cui sarebbe conseguitata la morte temporale e la eterna| ossia dalla miseria del peccato. Ecco dunque che quel Virgilio|
11 quale nella Protasi apparisce inviato dal Cielo a liberare Dante dalla Selva allegorica| qui| fuori di allegoria| dice egli stesso essere stato inviato per liberarlo dallo stato di peccato. Che però lo stato della Selva altro non può essere| che lo stato del peccatore involto negli errori e nelle tenebre della colpa.
La quale sua cecità anteriore al viaggio (le tenebre cioè della Selva) confessò il Poeta alle anime del
1 Rom. vi| 23.
2 i. Cor. xv| 50.
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