Omaggio a Dante Alighieri di
TEMPORALE DEL ROMANO PONTEFICI* 2 I Iradiso terrestre| o che se avesse pur voluto riporvela| avrebbe dovuto pur biasimarla; come avendo nel ciclo tra giusti messo Costantino| lo riprese non ostante della dote| clic lasciò del romano imperio alla Chiesa| e facilmente avrebbelo potuto fare| perocché fu ella potente avversaria degl'imperatori| braccio c scudo| il più clic potè| de'papi| e molto si adoperò con Gregorio Settimo a prò della parte della Chiesa| detta poi guelfa; ed appresso di lei nacque tra gl'imperatori ed i pontefici per cagione di quel retaggio una disputa lunga poco manco d'un secolo| dalla quale venne su il comune c il governo consolare di Firenze. Non lo dà biasimo non ostante| nò gli sa male della dote; la rappresenta anzi poco meno che angiolo per virtù e colori di una poesia| che spira delle fresche e dolci aure di primavera| innanzi che avessele attossicate l'alito del serpente| e riluce del lume di quel sole| a cui i vapori e i fumi della terra contaminata dal peccato| non avevano ancora fatta ombra. Ben sta che Matilda| diceva quel napolitano dall'acuto ingegno| faccia mostra di se nel paradiso terrestre come anello| onde volle il divino poeta legare il cielo e la terra; perocché fu la generosa| che fece dono de'beni della terra a coloro| che i beni del cielo dispensano 30. Se per la virtù di Matilda e per l'ubbidienza e quasi venerazione| che le si portava| dall'un de'lati le sue città non cercarono di uscirle di soggezione| quando già molte delle altrui si erano vindicate in libertà; ella dall'altro coli'opera e la dote fece sì che| essendo colla Chiesa dalla parte della nazione| Firenze già da quel tempo ne fosse la principal città e la rocca 31.
Quando adunque biasima Costantino della dote| che| secondo lui| fu cagione di male| non parla della po-
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