Omaggio a Dante Alighieri di
TEMPORALE DEL ROMANO PONTEFICI* 2 I Izezza c allo scompiglio delle cose pubbliche di quel tempo| ne alla natia fierezza di molti fra quelli| co'quali ebbe che fare| ha fatto sì che risponda dal sepolcro alle calunnie 41. Ma qui non ò il luogo di combattere a prò di Bonifazio ; sì bene di vedere se quel| che l'Alighieri dice| o fa ad altri dire di lui| torna a ombra del temporale principato| che i pontefici hanno delle città del sacro patrimonio.
L'Alighieri adunque| poiché in tre canti ha fatto prima nel cospetto di san Pietro la professione e il discorso della fede| poi della speranza innanzi di san Giacomo| e finalmente di san Giovanni quello della carità col linguaggio| che apprese in Parigi nella scuola dove aveva insegnato san Tomaso| in questo ventesimo settimo del paradiso fa che san Pietro| divenuto in viso tutto vermiglio| dia a Bonifazio dell' usurpatore del luogo suo| che tre volte nomina| a modo di forte sdegno 42| e dice che ha renduto il suo ci-miterio stanza del sangue e della puzza| onde quel perverso| il quale cadde di colassù di cielo| quaggiù si placa. Confessa dunque che san Pietro venne a Roma e vi fu morto| contro agli eretici| che oggidì son capitati in Italia| e danno a bere| ciurmando il volgo idiota| la loro favola del contrario| e che adunque i romani pontefici sono i suoi legittimi successori. Ed ecco qui| come nominando il sepolcro di san Pietro| e tre volte il luogo suo| prende la parte più nobile per il tutto| figura molto famigliare alla poesia ed a qualsivoglia maniera di prosa| e però viene a dire e confessare che Roma è di san Pietro e de' suoi successori| come interpetra anche Brunone. Imperocché questo luogo del ventisettesimo del paradiso dee
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