Omaggio a Dante Alighieri di
Ì I \ DANTE MOSTRATO PALADINO ISELLA MONARCHIApoiché Benedetto| quantunque avesse fatta pace co'Colonna ed il re di Francia| non armeggiava contro la parte dell' imperatore| ed a' fatti non era nò guelfo nò ghibellino| ma voleva a tutti bene ad un modo| e desiderava che fra tutti fosse la concordia| l'Alighieri non mette sopra di lui nè ombra pure di sdegno| ma al tutto se ne passa| comecché delle città del patrimonio di san Pietro non manco principe di Bonifazio e degli altri; ne viene di conseguenza che quando contro di Bonifazio e di altri pontefici aguzza gli occhi e la lingua come aspide| il fa non per la temporale signoria| ma solamente perchè combattevano contro de'ghibellini e e il loro imperatore. Quando però Bonifazio la ruppe con Filippo il Bello| dal quale fu preso e quasi ucciso| e indi la Chiesa fu rubata de' beni de'cavalieri del tempio| Dante con quanti spiriti potè maggiori| il percosse colla spada di fuoco del cherubino| che rimase a guardia del paradiso terrestre| donde fu Adamo cacciato| perchè ebbe disubbidito a Dio sotto l'albero del male e della morte.
E ad un albero del paradiso| in cima al monte del purgatorio| si accostò e fu legato un carro| cui vide il poeta maravigliosamente venire dall'oriente con un lustro| che percosse da tutte le parti la selva| mentre che una dolce melodia correva per 1' aere luminoso| che si fece dinanzi a Dante ed a Matilda tal quale un fuoco acceso. Ardevano sopra del carro sette candelabri| che da lungi parevano sette alberi d'oro| e dietro a sì fatte luci più chiare assai che la luna quando di mezza notte per sereno risplende nel suo mezzo mese| venivano genti vestite d'un candore non mai più veduto. Sotto di così bel cielo venivano due a due ventiquattro seniori coronati di fiordaliso| che cantavano : Benedetta sii tu nelle figliuole di
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