Omaggio a Dante Alighieri di
Ì I \ DANTE MOSTRATO PALADINO ISELLA MONARCHIAabbiam veduti di martiri per non la voler trasferire| e tale ingiustizia| o mala fede| come dice il Balbo| che non merita ne sdegno| nè risposta.
Se i detti mali gravissimi seguitarono dalla traslazione della sedia in Francia| dove si vuole che il re legasse la Chiesa alle gambe del suo sgabello| due conseguenze ne derivano| ed una si è che dunque il suo posto è la città di Roma per il prò massimamente d'Italia ; e 1' altra che| per il bene di tutta la cristianità| i pontefici| che vi seggono|' non debbono essere cittadini d'altrui| ma liberi signori della città della sedia e delle altre del sacro principato| che loro ha dato la providenza. Ma Dante| che non potè vedere quelle calamità| si gonfiò d'ira a quell'allontanamento della cattedra| solo perchè dall'un de'lati voleva che Y Italia si mettesse in buono assetto colla mano de' pontefici| che ei pur chiama capi legittimi degl'italiani e Roma città della sposa di Cristo nell' epistola| come è detto| a' cardinali italiani a conclave in Carpentras dopo la morte di Clemente quinto| e con la forza degli argomenti e il vivo dell' immaginativa gl' incita a eleggere un papa italiano| che levasse la cattedra di schiavitù| e tornassela al suo posto. Dall'altro canto voleva che il buon assetto si ordisse pur anco dalle mani dell' imperatore| e argomentava che| tenuti i papi in Francia all'uggia de'gigli d'oro| l'aquila imperiale non poteva fare il nido in Italia.
Io mi penso che la traslazione in quel tempo della sedia in Francia non accadesse per avventura senza provvedimento di Dio| il quale talvolta fa che avvengano delle cose| che a noi paiono male| e le malvagie| che talvolta permette| senza essere manco prov-
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