Omaggio a Dante Alighieri di
TEMPORALE DEL ROMANO PONTEFICI* 2 I Ivido| governa a fin di bene. Allora che Roma era dilaniata del continuo principalmente da'Colonnesi e dagli Orsini| di guisa che a' papi quivi non èra bello| nè sicuro lo stare| ed eziandio quasi tutte le città della Toscana si erano volte in ghibellino| se la pontificai sedia non fossesi trasportata in Francia i cui reali e di colà| e da più luoghi d'Italia opponevano i gigli di color cilcstro all' imperiai segno| sarebbe ella tutta caduta in servitù degl' imperatori| e l'ereticale riforma| che dalle loro brighe più che da altro procedette| sarebbesi in più altre parti allargata| e postasi in trono anche in Italia. Le menti degl'italiani| che sotto| al benigno cielo si aprono al bello| come fiori alle dolci e tepide aure di primavera| si sarebbero dischiuse all'ombra dell'aquila degl'imperatori| come si aprirono dalle somme chiavi a tanti prodigi di arti al divino principio ricondotte col lume e in virtù della fede | dal cui soffio a ciel si levarono le cupole di Michelangelo e del Brunelleschi?
Considera il Balbo che Dante riversò l'ira sua di sopra a papa Clemente e del successore pur francese| non che su Bonifazio e altri antecessori dopo il fatto della traslazione della cattedra| e lo ha quasi più che per iscusato| soggiungendo che la colpa sua fu il bene che non disse de' papi| da' quali principalmente sino dal tempo de' Longobardi| per cagione del mai governo de'greci imperatori| e dell'eresia loro contro le sacre immagini fu liberata Roma| Venezia| Ravenna e parecchie altre città ; la memoria che non fece dell' immortale Gregorio settimo| che tanto s'ingegnò contro gl'imperatori francesi| o wibellini| che mettevano le mani nelle libertà della Chiesa| e promovevano
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